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– Tanto tuonò che piovve. E ieri sera, alla vigilia della relazione in Consiglio dei ministri del viceministro dell’economia, Maurizio Leo, in merito al contenuto del decreto ministeriale 7 maggio 2024 che introduce limiti al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, il provvedimento non c’era più. Come annunciato da Giorgia Meloni in un video pubblicato sui social mercoledì, Leo ha firmato un atto di indirizzo che blocca l’entrata in vigore del nuovo redditometro introdotto con un decreto lunedì scorso in Gazzetta Ufficiale.

Un provvedimento impopolare che, a due settimane dalle europee, aveva creato una frattura nella maggioranza tanto da essere definito dal vicepremier Matteo Salvini “un errore di percorso che fortunatamente è durato una manciata di minuti ampiamente superato”. “Il fisco spione – ha detto Salvini – non è il fisco che ho in testa per un paese libero. Si devono accertare i redditi veri non i redditi presunti e la ricchezza e il benessere non sono indice di malaffare ma sono il bene del paese”. Sulla stessa linea il vicepremier Antonio Tajani. “Credo che ci sia stato un errore, il viceministro – ha sottolineato Tajani – ha applicato una norma che era stata sospesa perché si aspettava la decisione dell’Authority e del Garante della Privacy. È una scelta superata che noi non possiamo accettare, Fi è sempre stata contraria, è l’opposto del nostro modello fisco- cittadino, è una misura vessatoria. Dopo aver ascoltato le nostre proposte, Meloni ha detto di bloccare la norma, io proporrò di abrogarla”. Insomma la linea dura sulla lotta all’evasione alla destra, e alla pancia del paese, non piace, così la premier ha subito corretto la rotta. “Meloni e il suo viceministro Leo hanno lavorato al redditometro per mesi. Siamo difronte a un’ulteriore prova di incapacità di governare – ha commentato il leader dei 5 stelle Giuseppe Conte –. Se lo stanno rimangiando per le polemiche. Ancora tutto e il contrario di tutto. Ma ce lo ripresenteranno dopo la campagna elettorale per le europee”.

Il nuovo redditometro avrebbe riguardato quasi ogni genere di spesa dalle medicine fino all’acquisto di piante e fiori passando per il mantenimento di un cavallo per risalire al reddito effettivo del contribuente in casi estremi dichiarazioni bassissime o nessuna dichiarazione e possesso contestuale di un’auto o una barca di lusso, ad esempio. Ma, nonostante lo stop alla lente sui redditi, il governo annuncia l’intenzione di andare avanti contro l’evasione, intensificando – fa sapere Meloni – l’impegno contro i grandi evasori ma senza attivare il “grande fratello fiscale”. In gioco ci sono, infatti, oltre 85 miliardi, a tanto ammonta l’evasione nel nostro paese. Risorse necessarie in un momento in cui l’Italia è chiamata a un impegno straordinario dalle nuove regole del patto di stabilità da poco riattivato.

Nella strategia del governo alla lotta all’evasione rimane l’uso sempre più massiccio di tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’incrocio delle banche dati già in possesso dell’amministrazione. Si pensa ad “avatar fiscali”, algoritmi capaci di individuare anomalie contabili e fiscali, in grado di navigare in pochi secondi tra miliardi di dati transazioni e individuare con precisione le frodi.

Oltre alla lotta all’evasione si punta però anche sulla compliance, sull’accordo con i contribuenti messo nero su bianco nella delega. Partirà infatti a breve il concordato preventivo biennale con i lavoratori autonomi a giugno dovrebbero arrivare le prime proposte di accordo per far partire la misura a settembre che porranno così accordarsi con l’amministrazione su quanto pagare per i due anni successivi mettendosi contestualmente al riparo dai controlli.

Sulla scia del “fisco amico” anche la riforma che andrà ad alleggerire le sanzioni fiscali attesa oggi in Cdm. Dalla dichiarazione fiscale omessa o infedele ai casi in cui si comunica al Fisco meno di quanto accertato, finisce l’era delle maxi-multe fino al 240%: al contribuente verrà chiesto non più del 120% dell’ammontare dovuto. Il nuovo regime, che dovrebbe scattare da settembre, prevede sanzioni amministrative ridotte da un quinto a un terzo. Per chi non presenta la dichiarazione dei redditi o dell’Irap oppure la dichiarazione del sostituto d’imposta, la multa sarà del 120%, anziché dal 120 al 240% previsto ora. Mentre per dichiarazione infedele, si passa da 90-180% al 70%. Le sanzioni tributarie riscosse ogni anno ammontano a circa 2,27 miliardi: il taglio delle multe, che vengono ridotte nel complesso di circa il 10%, si spiega nella Relazione Tecnica, avrà necessariamente un “effetto negativo” in termini di entrate da sanzioni; ma con multe più proporzionate, e di minore importo, si scommette su una maggiore adesione all’accertamento. Novità anche per i commercianti: per l’omessa o tardiva trasmissione o con dati incompleti o non veritieri dei corrispettivi giornalieri arriva un tetto di mille euro alle sanzioni, mentre l’omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze sarà punita con una sanzione massima di 30mila euro anziché 50mila.

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