Un impianto cerebrale, in sinergia con un’applicazione di intelligenza artificiale, ha consentito a un uomo che era quasi muto di parlare fluentemente in inglese e spagnolo. L’ incredibile sistema ha decodificato le intenzioni linguistiche del paziente e le ha trasformate in parole. Questo sistema rappresenta una svolta nell’ingegneria biomedica e una speranza per le persone con gravi disabilità comunicative

Decodifica bilingue: come funziona l’impianto cerebrale?

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Un impianto cerebrale di decodifica bilingue cattura il pensiero. Un modello di rilevamento vocale, lo converte in discorsi articolati nella lingua desiderata.

Il processo di funzionamento dell’impianto cerebrale di decodifica bilingue è affascinante quanto complesso. In ogni prova, al partecipante viene presentata una frase target in inglese o in spagnolo. Quando tenta di parlare, le sue intenzioni vengono catturate attraverso caratteristiche neurali specifiche. Un modello di rilevamento vocale, alimentato dall’intelligenza artificiale, identifica questi tentativi e li converte in discorsi articolati nella lingua desiderata. Addentriamoci nello studio.

“Recupero bilingue”: l’impianto ridona la parola a Pancho

A tentare l’esperimento, un team di neurochirurghi e specialisti in intelligenza artificiale dell’Università della California, San Francisco. Gli scienziati hanno raggiunto un notevole traguardo nel campo della neuroingegneria, ripristinando la capacità di parlare a un paziente, soprannominato “Pancho”. Il giovane, aveva perso gran parte della sua capacità di parlare all’età di venti anni, a causa di un ictus. Madrelingua spagnolo, Pancho aveva imparato a leggere e pensare in inglese negli anni successivi al danno celebrale. Poi la svolta.

I miracoli della tecnologia 

Il team di ricerca ha implementato un’interfaccia cervello-computer (BCI) impiantata nel cranio del paziente, utilizzando tecniche avanzate di intelligenza artificiale per aiutarlo a comunicare nuovamente, sia in spagnolo sia in inglese. Nei tre anni successivi, Pancho ha partecipato a un intenso programma di formazione. Durante questo periodo, gli scienziati mostravano al giovane parole su uno schermo e gli chiedevano di ripeterle mentalmente.. La sonda impiantata rilevava le onde cerebrali generate da questi tentativi e cercava di convertirle in parole pronunciate.

Vediamo come funziona il meccanismo.

BCI all’opera

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Gli elettrodi impiantati in specifiche aree del cervello trasmettono i segnali all’AI che li converte in testo o voce

Impianto degli elettrodi: è stato posizionato un reticolo di elettrodi sulla superficie del cervello del paziente, nell’area responsabile dell’elaborazione del linguaggio;

Un connettore cranico ha permesso di collegare il reticolo di elettrodi a un sistema informatico esterno;

Rilevazione dei segnali cerebrali: Gli elettrodi rilevano i segnali elettrici prodotti dall’attività cerebrale, in particolare quelli legati alla produzione del linguaggio.

Trasmissione ed elaborazione degli input: i segnali sono stati trasmessi tramite il connettore a un computer esterno;

Intelligenza artificiale: il sistema informatico ha utilizzato tecniche avanzate di intelligenza artificiale per interpretare i segnali cerebrali e tradurli in testo o voce, consentendo al paziente di comunicare efficacemente in spagnolo e in inglese.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Un modello di apprendimento automatico di grandi dimensioni (LLM) ha giocato un ruolo fondamentale nel decifrare le onde cerebrali di Pancho e convertirle in parole articolate. L’LLM ha ridotto significativamente il numero di errori nella conversione, migliorando l’accuratezza e la fluidità del linguaggio prodotto. 

Risultato? L’innovativo sistema ha dimostrato che è possibile non solo ripristinare la capacità di parlare a pazienti afasici, ma anche farlo in più lingue, offrendo una soluzione potenzialmente rivoluzionaria per le persone con gravi disabilità comunicative. Ma quando è nata questa tecnica?

La tecnica del BCI: origini, evoluzione e applicazioni

Le interfacce cervello-computer (BCI) hanno avuto origine negli anni ’70, con i primi studi condotti da pionieri come il belga Jacques Vidal, ex tenente dell’Air Force, nonché ricercatore ricercatore all’Università della California. 

Nello specifico, l’uomo stava esplorando la possibilità di controllare dispositivi esterni tramite segnali cerebrali. Da allora, la tecnologia BCI ha fatto passi da gigante, evolvendosi da semplici esperimenti di laboratorio a applicazioni cliniche più complesse.

Applicazioni precedenti

La tecnologia BCI ha avuto successo in una varietà di applicazioni, dalla riabilitazione motoria nei pazienti con paralisi alla comunicazione assistita per le persone affette da sindrome di locked-in. Ad esempio, studi precedenti hanno dimostrato che i pazienti possono utilizzare i BCI per controllare protesi robotiche o scrivere testi semplicemente pensando alle parole.

Curiosità e prospettive future dell’impianto

Una delle curiosità più interessanti riguardo alla BCI è la sua capacità di adattarsi e migliorare con l’uso prolungato. Il cervello umano mostra una notevole plasticità, permettendo agli utenti di diventare sempre più abili nel controllare i dispositivi con il tempo e la pratica. Inoltre, i recenti progressi nell’apprendimento automatico e nell’intelligenza artificiale promettono di migliorare ulteriormente la precisione e l’affidabilità dei dispositivi.

Fonti

Nature Biomedical Engineering



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