I numeri della Legge di Bilancio 2023 sono ormai messi nero su bianco nell’ultima versione della manovra bollinata dalla Ragioneria Generale dello Stato. Alla sanità in totale va un incremento di 7,6 miliardi nei prossimi tre anni: 2,150 miliardi per il 2023; 2,300 per il 2024 e 2,500 a decorrere dal 2025. A queste cifre si aggiungono i 650 mln per i vaccini e i farmaci Covid.

A causa del caro energia, gran parte della quota di incremento del Fondo sanitario del 2023, pari a 1.400 milioni di euro, sarà drenata dai maggiori costi determinati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche.

Si tratta di numeri che non sono stati giudicati sufficienti da tanti attori della sanità, a cominciare dai sindacati medici che scenderanno in piazza il prossimo 15 dicembre.

Anche Tonino Aceti, presidente di SalutEquità, pur apprezzando lo sforzo economico per fronteggiare il caro energia, spiega le criticità della manovra: «Ci sono risorse importanti per dare una risposta a un problema emergente che è quello del caro bollette e per portare avanti le attività assistenziali negli ospedali. Ovviamente non è una risposta sufficiente per i diritti dei pazienti. Il Servizio sanitario nazionale sta uscendo da una pandemia di oltre due anni e mezzo che ha visto non erogare moltissime prestazioni a tanti pazienti non affetti da Covid, penso ai cronici».

E a supporto del suo ragionamento, Aceti snocciola i più recenti dati di Agenas sui ritardi nelle prestazioni: «I dati ci dicono che nei primi sei mesi del 2022 è saltata rispetto al 2019 una prima visita specialistica su cinque e una visita di controllo su cinque. La produzione del Ssn nel 2022 è ancora più bassa rispetto a quella del 2019, non riusciamo a innescare la marcia giusta e questo porta una quota di cittadini a non essere preso in carico dal Servizio sanitario nazionale. Inoltre, è ancora basso il regime di screening oncologici organizzati, si registra una bassa aderenza terapeutica e comunque continua ad esserci un problema anche sulla tenuta dei tempi per interventi su tumori maligni da operare entro 30 giorni: metà paese non riesce a garantire questa tempistica».

Nonostante, dunque, la fase emergenziale della pandemia Covid sia terminata, il Servizio sanitario non è ancora riuscito a recuperare le prestazioni arretrate: «È un problema importante che però non è affrontato per nulla in legge di bilancio: non ci sono risorse ad hoc come c’erano fino al 2022 per il recupero delle liste di attesa, quando sono stati stanziati 500 milioni di euro. Nel 2023 non avremo né soldi in più su questa partita né finalizzazioni del fondo sanitario nazionale. È come se da un momento all’altro ci fossimo dimenticati che il Covid ha escluso dalle prestazioni tantissimi pazienti. Questa è una grande priorità per il ministro Schillaci e per le forze politiche. E spero che in Parlamento ci sia la possibilità di procedere all’approvazione di emendamenti che diano dignità a un problema che tutti i cittadini vivono sulla propria pelle, a partire dai malati cronici».

 



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