«I capricci, le disubbidienze, le repliche rabbiose o disperate te le inghiottivi, figlia.
Inghiottivo e sorridevo, inghiottivo e mi facevo andare bene tutto:
“Perché così papà non si arrabbia” diceva la mamma,
“Perché così Gesù è contento” diceva la suora del catechismo,
“Perché così la mamma è contenta” diceva la nonna,
“Perché così la maestra è contenta” diceva la zia,
e aveva ragione, perché la mia maestra era anche la mia mamma, che ci teneva ad avere un’alunna/figlia impeccabile.
“Le critiche delle compagne sono naturali, bimba” minimizzava mamma, “un po’ di gelosia… che importa? Però dobbiamo stare attente, perciò ti tratto come non fossi mia figlia, anzi, come se fossi l’ultima della classe. Ma non ci badare, non ti avvilire, non hai bisogno dei complimenti in pubblico per sapere che sei tanto brava.”
Non ci badare?? Non ti avvilire??»
“Avevo un fuoco dentro”, Tea Ranno