Rivelare a terzi un fatto, una situazione del paziente, dei quali il medico viene a conoscenza nell’esercizio della sua professione, può generare problemi civili e penali non banali al professionista. Affrontiamo qui il tema della violazione del segreto professionale del medico. Vediamo in che cosa consiste, quanto può essere grave e che cosa si rischia. Infine, chiudiamo con un breve cenno alle coperture assicurative necessarie per tutelarsi in merito.

Il Codice di Deontologia Medica

Come tutti gli ordini professionali che si rispettino, anche quello dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ha un codice deontologico ben definito. In esso trova spazio anche il tema del segreto professionale, che viene normato dall’Art.10. Esso così recita:

«Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività professionale. La morte della persona assistita non esime il medico dall’obbligo del segreto professionale. Il medico informa i collaboratori e discenti dell’obbligo del segreto professionale sollecitandone il rispetto. La violazione del segreto professionale assume maggiore gravità quando ne possa derivare profitto proprio o altrui, ovvero nocumento per la persona assistita o per altri. La rivelazione è ammessa esclusivamente se motivata da una giusta causa prevista dall’ordinamento o dall’adempimento di un obbligo di legge. Il medico non deve rendere all’Autorità competente in materia di giustizia e di sicurezza testimonianze su fatti e circostanze inerenti al segreto professionale. La sospensione o l’interdizione dall’esercizio professionale e la cancellazione dagli Albi non dispensano dall’osservanza del segreto professionale».

La gravità della violazione del segreto

Dalla lettura dell’Art.10 emergono sostanzialmente due livelli di gravità della violazione del segreto professionale del medico. V’è un primo livello nel quale la violazione non reca profitto ad alcuno, né nuoce all’assistito o ad altri. Si tratta, in tal caso, di una violazione “naive“, innocente, probabilmente dettata da superficialità. V’è però un ulteriore livello di gravità, quello nel quale il medico – o un terzo – ne riceve profitto o tale da generare nocumento all’assistito o a terzi. E qui si presenta uno spettro di responsabilità del medico possibilmente più ampio, ove la colpa può essere sia lieve sia grave, nonché sfociare nel dolo conclamato.

La rilevanza penale della violazione

Ci ricorda l’Art.622 del Codice Penale, dedicato alla “Rivelazione di segreto professionale”, che «[c]hiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516». A quanto emerge, l’unica possibilità per poter rivelare un segreto professionale a terzi è che emerga una “giusta causa”, tale così da disinnescare sia l’Art.10 del Codice deontologico, sia il dispositivo dell’Art.622 del Codice Penale. Ma che cosa si intende per “giusta causa”? La sentenza n.318 della Cassazione Penale Sezione V del 7 gennaio 2021 tocca espressamente questo punto, e ci ricorda che «[l]a Corte di cassazione ha ritenuto che la nozione di ‘giusta causa’ vada affidata al concetto generico di giustizia, che la locuzione stessa presuppone, e che il giudice sia tenuto a determinare di volta in volta con riguardo alla liceità sotto il profilo etico e sociale – dei motivi che determinano il soggetto ad un certo atto o comportamento […]».

Tutele assicurative

Al fine di coprire il rischio civile e penale connesso alla violazione del segreto professionale è opportuno tutelarsi con una buona soluzione di responsabilità civile professionale, integrata da una garanzia di difesa legale. Non tutte le polizze sono eguali, pertanto risulta indispensabile affidarsi a consulenti seri e di fiducia, quali sono i membri dello staff di SanitAssicura.

 



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