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Stephen Hawking è stato uno dei simboli della fisica e dell’astronomia del XX secolo. Molti storici infatti credono che solo lui può essere messo di fianco ad Albert Einstein nel rappresentare i progressi scientifici di questo secolo.

Egli rivoluzionò la cosmologia, è stato tra i più importanti ricercatori relativi ai buchi neri, ha indagato l’origine del tempo e dell’universo e ha anche lottato duramente per continuare a fare ricerca, mentre il suo corpo era afflitto da una delle malattie più orribili in assoluto: la malattia degenerativa del motoneurone.

Hawking, però, nella sua lunga carriera scientifica, si è dimostrato anche altamente versatile e ha parlato di molti altri temi scientifici, come l’evoluzione della vita sulla Terra, gli effetti del cambiamento climatico e l’eventuale presenza di vita aliena nell’universo.

Proprio su quest’ultimo argomento, è stato molto chiaro. Considerando le enormi dimensioni dello spazio, lui credeva che nel cosmo fossero presenti miliardi di specie intelligenti, leader di altrettanti pianeti in cui erano presenti altre decine di miliardi di specie.

Per quanto però l’idea di un primo contatto potesse risultare affascinante, lui era contrario all’idea di contattare una specie aliena, descrivendone anche le ragioni in uno dei suoi ultimi interventi, realizzato nel 2015.

“Non sappiamo molto degli alieni, ma conosciamo molto bene gli umani” disse Hawking di fronte alla platea silenziosa di un meeting che aveva proprio come oggetto la realizzazione di una tecnologia, in grado di ascoltare gli alieni. “Se si guarda alla nostra storia, i contatti tra esseri umani e organismi meno intelligenti sono stati spesso disastrosi e gli incontri tra civiltà con tecnologie avanzate e primitive sono finiti anche peggio, con la demolizione delle seconde. Una civiltà capace d’intercettare uno dei nostri messaggi potrebbe essere tecnologicamente più avanzata di noi, anche di miliardi di anni. Se così fosse, potrebbero non considerarci più preziosi di quanto noi consideriamo i batteri e per questa ragione dobbiamo restare molto attenti, per evitare sorprese”.

Involontariamente, Stephen Hawking era d’accordo con l’autore di fantascienza Cixin Liu, che nel suo romanzo “Il problema dei Tre corpi” – da poco divenuto una seria televisiva per Netflix -immagina proprio una situazione di questo tipo.

Per quanto titubante nel contattare gli alieni, Hawking non era però un ingenuo e sapeva che sarebbe stato molto difficile smettere di cercare, nel timore di essere gli unici esseri intelligenti dell’universo.

“Crediamo che la vita sia nata spontaneamente sulla Terra, quindi in un universo infinito devono esserci altri luoghi in cui la vita è possibile”, ha aggiunto Hawking. “Da qualche parte nel cosmo, forse la vita intelligente potrebbe osservare queste nostre luci, consapevole di cosa significano. Oppure le nostre luci vagano per un cosmo senza vita, fari invisibili che annunciano che, qui su una roccia, l’universo ha scoperto la sua esistenza? In ogni caso, non c’è domanda migliore. È tempo di impegnarsi a trovare la risposta, a cercare la vita oltre la Terra. Diverse iniziative stanno assumendo questo impegno. Perché siamo vivi. Siamo intelligenti. Dobbiamo sapere.



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