Il noto pianista jazz si ‘racconta’ a La Ragione dopo l’annuncio del nuovo disco di inediti, ‘Dreams’

(Fotogramma)
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‘L‘Ai non potrà mai eguagliare la vulnerabilità della condizione umana. Credo che non esisterà mai un’intelligenza artificiale abbastanza dignitosa da esser capace di darle vita. Arriverà a imitarla in maniera eccellente, a creare delle emozioni confezionate, precotte. Ma niente riuscirà a mettere le catene alla musica dal vivo, al senso di libertà e unicità che questa racconta quando si parla di esseri umani, unici e importanti. Preziosi”. Raphael Gualazzi, il noto pianista jazz si confida a ‘La Ragione dopo l’annuncio del nuovo disco di inediti ‘Dreams’, in uscita il 6 ottobre.

“Il disco celebra la dimensione e l’importanza dei sogni che possono essere di diverso tipo ma ognuno ha la sua funzione, il suo effetto nella nostra esistenza – racconta Gualazzi – E ci aiutano a scoprire quello che accade dentro di noi per entrarci in armonia, piuttosto che puntare il dito verso quello che accade fuori. Il disco valorizza in tutte le sue forme la bellezza degli strumenti musicali, l’armonia acustica che c’è fra loro, anche soltanto nel semplice dettaglio di un suono di batteria, ed è stato anticipato dal singolo ‘Vivido il tramonto'”.

Il brano è nato in Inghilterra nel 2013. “È una canzone onirica dentro la quale coabitano atmosfere vivaldiane – spiega- alcune sonorità del Cinquecento ma anche elementi riconducibili alla danzón cubana là dove il flicorno suona il tema”.

‘Con uno studio di Chopin ho deciso di fare il pianista. A volte non andavo a scuola per andare in conservatorio a suonare’.

Raphael Gualazzi spiega l’origine dell’unione con il suo strumento e ‘racconta’ la prima volta in cui è stato chiaro che sarebbero stati inseparabili. Una collocazione precisa nel tempo. “Avevo 14 anni e ho sentito suonare un mio carissimo amico – dichiara nell’intervista a La Ragione – Lì ho capito come si suonava veramente il pianoforte, quanta dedizione. Poi ho avuto il mio primo riscontro sorprendendo a un saggio con uno studio di Chopin. Così ho deciso di fare il pianista. A volte non andavo a scuola per andare in conservatorio a suonare”.

È evidente quanto Raphael sia aperto alla contaminazione fra generi, quanto non si limiti a strade già battute. “Io credo – ribadisce – che nella storia ci sia un fil rouge che unisce le melodie. Siamo tutti eredi di un bellissimo passato, di una grande tradizione e di potenti suggestioni che hanno fatto parte delle emozioni delle persone. Il fatto che si possa raccontare un brano attraverso diversi generi testimonia che la musica non ha un posto fisso, statico. Non ci sono dei limiti per una melodia”.

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