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Se la musica negli ultimi anni è cambiata, di certo è cambiato anche il modo in cui la scopriamo o ascoltiamo. Le piattaforme streaming, con la loro musica liquida in ear e le centinaia di diverse playlist, non possono essere certo considerate delle novità. Ma lo stesso non può dirsi della nuova fruizione in video dell’ascolto di musica. Non sono più soltanto i classici videoclip di “queeniana” memoria – da anni non più su “Mtv” ma su Youtube – ma i cosiddetti short-form video, architrave di social come TikTok e Instagram: brevi filmati la cui componente musicale è diventata via via sempre più importante. Enzo Mazza, Ceo della Federazione dell’Industria Musicale Italiana (Fimi), al quotidiano La Ragione racconta di una realtà ormai consolidata: “Durante la pandemia vi è stato un boom delle piattaforme di short-form video, in particolare di TikTok. Ora il fenomeno si sta consolidando e tutte le piattaforme s’indirizzano verso questa tipologia di contenuto. È diventato un elemento fortemente concorrenziale: TikTok oggi è il social di riferimento per l’ascolto della musica”.

Può capitare così che una canzone diventi virale e quindi un successo commerciale perché ripresa da una serie tv in più video o in un contenuto di un tiktoker di successo. Un meccanismo che le stesse case discografiche hanno ormai imparato a conoscere e a sfruttare per la promozione o la scoperta di nuovi artisti: “Oggi è molto più diffuso usare TikTok per il lancio di un singolo rispetto a una promozione tradizionale nelle radio – spiega a La Ragione Mazza – e ci sono strategie di coordinamento vere e proprie”. I più giovani, ma non solo, utilizzano queste piattaforme per scoprire musica nuova, elemento prezioso anche per la riscoperta dei cataloghi. Solo negli ultimi mesi di esempi ce ne sarebbero molti. Basti pensare alla cavalcata dei Måneskin che dopo la vittoria all’Eurovision sono diventati virali “grazie alla scoperta della cover di ‘Beggin’’, trovata dai tiktoker statunitensi scandagliando il loro catalogo”.

È opinione diffusa che la scelta di declinare la musica in queste nuove forme di comunicazione – pensarla fin da subito perché combaci con criteri e canoni – possa aver influito negativamente sulla sua qualità. Secondo Mazza “tutte le generazioni hanno avuto forti dibattiti sul fatto che la musica a loro contemporanea fosse qualitativamente inferiore a quella precedente. Ma quest’ultimo cambiamento è stato generazionale ed è partito dal basso: si tratta della prima grande rivoluzione in cui sono stati i giovanissimi a cavalcare le tecnologie tanto per i consumi quanto per la produzione. Negli ultimi 10 anni in Italia l’età media di un artista di Top Ten è scesa del 35%. Sono artisti nati e cresciuti digitali e dello streaming”. Si spiega così come premi quali il “Disco d’Oro” e il “Disco di Platino”, ignorati per anni dagli artisti delle scorse generazioni, oggi abbiano ritrovato un senso, declinati su nuovi conteggi che tengono conto delle varie piattaforme e ne certificano la validità: “Sono tornati al centro. Nelle nuove generazioni c’è una grande attenzione verso questi premi perché sono diventati un elemento di riconoscibilità e di successo molto più dell’esser primo in classifica”.

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