«Con la campagna “l’abbandono è un incubo. Oltre che un reato” abbiamo scelto di metterci nelle loro zampe per far comprendere la sofferenza che viene inflitta con l’abbandono. È una grande battaglia di civiltà che il medico veterinario può condividere e diffondere con i cittadini e la società». Gaetano Penocchio, presidente della FNOVI, la Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari, spiega a Sanità Informazione il senso dell’ultima campagna lanciata per sensibilizzare la popolazione contro l’abbandono degli animali da compagnia, un fenomeno che in estate raggiunge il suo picco e che purtroppo, come testimoniano i dati del Ministero della Salute, vede ogni anno numeri elevati. Si tratta di un tema su cui i medici veterinari possono fare tanto: «Abbiamo molte aspettative nell’applicazione delle nuove norme sull’Anagrafe canina nazionale, anche per le strutture dove sono detenuti animali a qualsiasi titolo, ma è chiaro che senza il rispetto dell’obbligo di identificazione e registrazione di tutti gli animali da compagnia rimane difficile risalire ai proprietari colpevoli di reati» spiega Penocchio.

Presidente, recentemente la FNOVI ha presentato una campagna di sensibilizzazione contro l’abbandono degli animali da compagnia dal titolo “L’abbandono è un incubo. Oltre che un reato”. Cosa si può fare concretamente contro l’abbandono e cosa fanno i medici veterinari? Ci sono numeri sugli animali abbandonati ogni anno?

«L’abbandono degli animali da compagnia è ancora oggi e in molte aree del territorio nazionale, un atto illegale e diffuso, con picchi nel periodo estivo.  I medici veterinari sono il tramite fra i proprietari (attuali ma anche futuri) e gli animali, sono gli interpreti delle esigenze animali e nel tutelare la salute degli animali proteggono anche quella delle persone. Abbiamo quindi realizzato questa campagna perché è una grande battaglia di civiltà che il medico veterinario può condividere e diffondere con i cittadini e la società nel senso più ampio. Solo la crescita culturale e la consapevolezza che gli animali non sono oggetti di consumo porteranno alla diminuzione di questo odioso comportamento che, come ricordiamo è anche un reato. Abbiamo scelto di metterci nelle loro zampe per far comprendere la sofferenza che viene inflitta con l’abbandono. Anche la restituzione è un fenomeno purtroppo molto diffuso che di fatto non è meno doloroso per gli animali. Il principio è quello del possesso responsabile che sarà declinato nel proseguo della campagna: prima di adottare o acquistare un animale è necessario prendere in considerazione le esigenze degli animali e la disponibilità dei proprietari. Anche qui, in una sorta di estensione del concetto One Health One welfare, la prevenzione è fondamentale.

Per passare ai dati è bene ricordare che gli unici ufficiali sono quelli pubblicati dal Ministero della salute secondo cui nel 2021 sono stati 72.115 gli ingressi di cani nei canili sanitari e 29.194 gli ingressi nei rifugi. Nonostante i numeri siano leggermente in calo rispetto agli anni precedenti, si deve, tuttavia, registrare il triste fenomeno della “restituzione” nei canili di molti animali, da parte di famiglie che li hanno adottati durante il lockdown e che poi, finita l’emergenza Covid, li hanno restituiti».

Per altro l’abbandono va ad incrementare il numero di animali randagi, soprattutto cani. Cosa si può fare per contenere il fenomeno del randagismo?

«L’Italia più di 30 anni fa si è dotata di una legge quadro innovativa che purtroppo non è mai stata completamente applicata e, in particolare i canili ma anche i gattili, diventano spesso l’ultimo luogo di una sofferenza che dura tutta la vita. Come medici veterinari abbiamo molte aspettative nell’applicazione delle nuove norme sull’Anagrafe canina nazionale, anche per le strutture dove sono detenuti animali a qualsiasi titolo, ma è chiaro senza il rispetto dell’obbligo di identificazione e registrazione di tutti gli animali da compagnia rimane difficile risalire ai proprietari colpevoli di reati. Inoltre, va posta particolare attenzione all’origine degli animali: anche qui, abbiamo una legge a contrasto del commercio fraudolento, ma le sanzioni non saranno mai sufficienti. È necessaria educazione e consapevolezza: gli animali sono esseri senzienti, non oggetti. L’acquisto o l’adozione troppo spesso nascono da impulsi – magari indotti da pubblicità o social – senza alcuna reale riflessione sul fatto che un animale che entra nella vita familiare resta per molti anni e richiede attenzioni, impegno anche economico. Il randagismo è il gradino più basso della irresponsabilità degli esseri umani e a farne le spese sono gli animali ai quali viene imposta una vita in prigione. Ma non va dimenticato che esiste ancora un fiorente business del randagismo e questo va stroncato senza ulteriori indugi».

In Parlamento era stata incardinata una proposta di legge per istituire la giornata sulla prevenzione veterinaria. Qual è il senso dell’iniziativa?

«Fnovi non è stata coinvolta in questa proposta quindi la domanda forse andrebbe posta ai firmatari. Per la giornata, come abbiamo avuto modo di leggere nella relazione, è stata scelta la data di fondazione del World Organisation for Animal Health (WOAH) che coordina la risposta globale alle emergenze sanitarie, la prevenzione delle malattie zoonotiche, la promozione della salute e del benessere degli animali e un migliore accesso alle cure sanitarie. Quindi non possiamo che essere a favore di una giornata dedicata a ricordare l’importanza della prevenzione e del concetto One Health. Ma siamo ancora più a favore del reale coinvolgimento della professione medico veterinaria in tutte le fasi decisionali e di gestione quotidiana della tutela della salute pubblica».

Nei prossimi cinque anni andranno in pensione circa il 30% dei medici veterinari impegnati nei servizi pubblici del Ssn aumentando in modo insostenibile una carenza di organico che attualmente è stimata intorno al 17% (mancheranno complessivamente circa 2.500 veterinari). Cosa si può fare per far fronte a questa carenza?

«Nel nostro Paese sono disponibili un sufficiente numero di medici veterinari che hanno superato il corso di formazione specialistica universitaria, presupposto per partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza pubblica del ruolo sanitario. Se i medici veterinari ci sono, va verificata la volontà politica di assicurare la continuità dell’attuale contingente organico tragicamente impoverita negli anni. La politica deve riconoscere il valore della prevenzione e con questo creare i presupposti per generarla, o almeno per mantenerla. In parole povere ad ogni dirigente veterinario in uscita, dovrà corrisponderne almeno uno in entrata. I Dipartimenti universitari dovranno assicurare la continuità della loro offerta specialistica, possibilmente incrementando il numero di corsi con riguardo alla sanità pubblica veterinaria. Le scuole di specialità in medicina veterinaria vanno riformate. Gli specializzandi sono una risorsa: vanno impiegati nelle Asl e negli IZS alla stregua di quanto accade con i medici specializzati negli ospedali e vanno compensati, quanto chiede la Fnovi inutilmente da anni.

 

 



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