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Superare gli ostacoli normativi e rivedere la disciplina sull’esposizione elettromagnetica, accelerando così sul fronte dello sviluppo delle reti 5G e della transizione digitale nel nostro Paese: è uno degli aspetti messi in luce dallo studio dal titolo “Il 5G e la percezione dei rischi presso i cittadini” realizzato dall’Istituto per la Competitività I-Com e Join Group nell’ambito di Futur#Lab, il progetto promosso da I-Com e WINDTRE, in collaborazione con Join Group e con la partnership di Ericsson e INWIT.

L’evoluzione tecnologica delle telecomunicazioni, infatti, rappresenta un volano di sviluppo straordinario per la trasformazione digitale del Sistema Paese con il 5G che, in questa partita, gioca in questa partita un ruolo fondamentale, garantendo performance sempre più avanzate e una maggiore connettività sul territorio. Eppure l’Italia risulta ancora l’unico dei grandi paesi comunitari a non aver innalzato i limiti dell’esposizione ai campi elettromagnetici, mancando di adeguarsi agli standard internazionali, sulla scia degli altri paesi UE. Da considerare poi che le paure dei cittadini sul 5G sono ormai marginali: nonostante sia largamente diffusa l’idea che la popolazione nutra timore per l’inquinamento elettromagnetico e avversione per l’installazione delle “antenne” di quinta generazione, secondo l’analisi condotta da Bytek e I-Com sui timori correlati al 5G in 5 paesi Italia, Stati Uniti, Francia, Germania e Spagna, le ricerche sul web relative al 5G e correlate a un sentimento di paura mostrano un andamento fortemente decrescente: in Italia passano infatti dal 13% del totale nel 2020 al 2,8% del 2022, anno nel quale si sono registrate solo 144,5 ricerche di questo tipo ogni 100.000 abitanti.

A fronte di una larga maggioranza della popolazione che non nutre particolari preoccupazioni verso il 5G, appare crescente l’interesse delle aziende. Secondo il rapporto internazionale “Reimagining Industry Futures Study”, pubblicato da EY a febbraio 2022, il 17% delle imprese stava già investendo sul 5G nella propria organizzazione, mentre ben il 56% stava programmando un investimento che verrà effettuato in un arco temporale che va da 1 a 3 anni. Solo il 12% crede che il 5G non abbia rilevanza per il proprio settore e per la propria posizione competitiva.

Bisogna poi tenere conto del fatto che a livello globale le reti di quinta generazione avranno un effetto positivo sul PIL di circa 950 miliardi di dollari entro il 2030 e che, a livello nazionale, la previsione di limiti stringenti alle emissioni elettromagnetiche si traducono in extra-costi di circa 4 miliardi di euro.

L’indagine è stata presentata a Roma nel corso della seconda tavola rotonda del 2023 alla quale hanno partecipato, oltre al presidente I-Com Stefano da Empoli e al direttore external affairs and sustainability di WINDTRE Roberto Basso, il senior business advisor di Join Group Enrico Barsotti e la vicepresidente I-Com Silvia Compagnucci – che hanno illustrato la ricerca – il ceo & founder di Bytek Paolo Dello Vicario, il primo ricercatore del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale dell’Istituto Superiore di Sanità Alessandro Polichetti, la responsabile nazionale politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva Tiziana Toto, il presidente di Adiconsum Carlo De Masi, l’head of radio and device engineering di WINDTRE Fulvio Margherita, il direttore government & policy advocacy Europe di Ericsson Telecomunicazioni Antonio Sfameli, l’external relations, communication & sustainability director di INWIT Michelangelo Suigo, il presidente di Amici della Terra Monica Tommasi, l’assessore al Patrimonio, demanio, servizi generali e sistemi informativi della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Sebastiano Callari, il responsabile del Dipartimento concorrenza 1 dell’AGCM Giuseppe Galasso e il presidente di ISPRA Stefano Laporta. Il dibattito è stato moderato dal presidente di Join Group Alessandra Bucci, partner dell’iniziativa.


In questo contesto – si legge nella nota – “andrebbe senz’altro nella giusta direzione l’iniziativa del Governo, ancora in fase di gestazione, di rivedere i limiti vigenti. In particolare, nella bozza in discussione, si prevede l’innalzamento ad un valore di 24 V/m nel caso di mancato raggiungimento di un’intesa entro 120 gg dall’entrata in vigore della legge. Si tratterebbe di una modifica normativa assolutamente importante, ove effettivamente implementata, attraverso la quale si porrebbe un freno al proliferare di impianti e dunque si ridurrebbe, da un lato, l’impatto ambientale conseguente al maggior consumo di energia, di suolo e di materiali che la disciplina vigente impone; dall’altro, si favorirebbe la competitività delle imprese di TLC non più chiamate a realizzare innumerevoli nuovi siti, delle aziende italiane in generale che potrebbero più rapidamente accedere alla connettività 5G e ai servizi che lo stesso abilita e, in ultima istanza, del Sistema Paese nel suo complesso”.

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