Negli ultimi decenni, il dibattito sulla coscienza animale si è concentrato principalmente sui mammiferi e sugli uccelli, lasciando un’enorme lacuna nell’analisi delle forme di vita meno simili a noi. Tuttavia, la “Dichiarazioni di New York”, un documento firmato da decine di scienziati, lascia presagire che anche animali distanti filogenicamente da noi, come polpi e insetti, abbiano una vita interiore
La coscienza animale: oltre i confini dei vertebrati
La Dichiarazione di New York sulla coscienza animale, getta le basi per un nuovo approccio nel rapporto tra animali e umani.
«Gli scienziati stanno abbracciando seriamente l’idea della coscienza animale, un tempo considerata una “folle idea». A sostenerlo, Jonathan Birch, filosofo della London School of Economics and Political Science e uno degli autori della Dichiarazione di New York sulla coscienza animale.
Il documento, firmato da circa quaranta esperti, non fornisce risposte definitive su quali specie siano coscienti, ma sottolinea che ci sono prove sufficienti per considerare una “possibilità realistica” di esperienze coscienti in una vasta gamma di specie, anche molto diverse dall’uomo. Di conseguenza, ignorare tale probabilità nelle decisioni che riguardano quel particolare animale sarebbe irresponsabile.
Del resto, tale prospettiva è supportata da una crescente quantità di prove scientifiche. Oltre ai ben noti casi di coscienza negli uccelli e nei mammiferi, ci sono indizi che suggeriscono la presenza di elementi di coscienza anche in rettili, pesci e insetti.
Pesci e api
I pesci ad esempio, sembrano essere in grado di riconoscere il proprio riflesso. Fino a qualche tempo fa, questo comportamento, noto come autoriconoscimento, si pensava fosse esclusivo degli esseri umani e di poche altre specie, come alcuni primati e i delfini. Se i pesci fossero in grado di riconoscersi, questo implicherebbe una forma di autoconsapevolezza, il che sarebbe molto interessante e potrebbe portare a una rivalutazione delle capacità cognitive dei pesci.
Stesso discorso vale per le api, insetti in grado di giocare con palline di legno. Anche in questo caso, si tratta di un comportamento molto intrigante perché si suppone che le api siano insetti altamente specializzati e orientati al compito. Il fatto che giochino con oggetti non strettamente legati alle loro attività quotidiane solleva domande sulla natura del “divertimento” negli animali e sulla complessità del loro comportamento sociale e cognitivo. Ma perché dovremmo essere interessati all’argomento?
Un cambiamento di paradigma scientifico
La dichiarazione ha diversi obiettivi importanti. Ad esempio, trasmettere l’entusiasmo per la ricerca sulla coscienza animale e incoraggiare ulteriori studi su questo argomento. Un altro obiettivo è quello di sollevare la riflessione sul benessere degli animali. La dichiarazione non offre raccomandazioni politiche specifiche, ma sottolinea che se c’è una possibilità realistica che un animale possa essere cosciente e provare sensazioni come il dolore, allora questa possibilità dovrebbe essere considerata nei contesti politici, come nelle decisioni sull’allevamento degli animali.
Infine, la dichiarazione si propone di definire e discutere la coscienza animale. Si concentra su un aspetto importante della coscienza, chiamato “coscienza fenomenica” o “senzienza”, che riguarda le esperienze soggettive degli animali, come sensazioni di piacere, dolore, speranza o paura.
L’accettazione di questa prospettiva rappresenta dunque, non solo un cambiamento significativo nel paradigma scientifico, ma solleva importanti domande etiche sul trattamento degli animali. E se invece si trattasse solo di istinto o sensibilità?
Dubbi e perplessità
Alcuni scienziati sollevano dubbi sulle prove attuali riguardo alla coscienza animale. Secondo Hakwan Lau, neuroscienziato del Riken Center for Brain Science in Giappone, non esistono ancora prove definitive a sostegno della coscienza negli animali. Suggerisce pertanto che sia fondamentale sviluppare metodi per distinguere tra percezione conscia e inconscia anche negli animali, poiché questa distinzione è fondamentale anche per comprendere meglio l’esperienza umana.
Ma veniamo ai test condotti.
I test sulla coscienza
Poiché gli animali non possono comunicare verbalmente i loro stati interiori, gli scienziati si sono basati su prove indirette, osservando determinati comportamenti associati all’esperienza cosciente. Un team della Osaka City University ha evidenziato ad esempio che un labride pulitore (il pesce pulitore) può riconoscersi allo specchio.
Uno studio del 2020 condotto sulle seppie ha rivelato che questi cefalopodi possono ricordare eventi passati. Questo è un risultato notevole poiché implica la presenza di una forma di memoria a lungo termine in questi animali. La capacità di memorizzare eventi passati potrebbe fornire un vantaggio adattativo nell’ambiente. Consente infatti agli animali di apprendere dagli errori e di adattare il loro comportamento di conseguenza.
Un’ altra ricerca concentrata sui polpi (Octopus bocki), ha invece mostrato che i cefalopodi evitano i luoghi in cui hanno avuto esperienze dolorose e rispondono positivamente ai trattamenti antidolorifici.
Altri animali come gli scimpanzé e gli elefanti hanno dimostrato comportamenti che suggeriscono la consapevolezza di sé.
Corvi, uccelli e insetti
In un altro esperimento con i corvi, gli uccelli hanno dimostrato una sorprendente capacità di collegare l’attività cerebrale alle loro percezioni. Cosa che anche in questo caso indica una forma di consapevolezza della propria esperienza.
Gli studi condotti sui moscerini della frutta hanno rivelato che essi dormono sia in uno stato di sonno profondo sia in uno stato di “sonno attivo“, durante il quale la loro attività cerebrale è simile a quando sono svegli. Questo sonno attivo potrebbe essere paragonato al sonno con movimenti oculari rapidi negli esseri umani, noto per essere associato a vivide esperienze oniriche, interpretate come segni di coscienza. Alcuni esperti suggeriscono che i sogni siano un elemento chiave dell’esperienza cosciente. Pertanto, se i moscerini della frutta e altri invertebrati hanno un sonno attivo, ciò potrebbe essere considerato un altro indizio della loro possibile coscienza.
Menti animali
Bruno van Swinderen, biologo dell’Università del Queensland in Australia, ritiene che sia giunto il momento di valutare se la maggior parte degli animali possa essere cosciente. Paragona questa necessità all’attuale rivoluzione dell’intelligenza artificiale, che sta sollevando domande simili riguardo alla coscienza nelle macchine. Insomma, appare cruciale interrogarsi su come questa qualità adattiva del cervello si sia evoluta nella natura.
Fonti
Hakwan Lau, neuroscienziato presso il Riken Center for Brain Science a Wako, Giappone
Anil Seth, direttore del Center for Consciousness Science presso l’Università del Sussex, Regno Unito
Bruno van Swinderen, biologo presso l’Università del Queensland a Brisbane, Australia