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Per molti, tutto è iniziato con Musical.ly, e dopo la fusione con quest’ultima, nel 2018 è arrivato TikTok, diventando rapidamente l’app più scaricata del 2022. Instagram ha introdotto i Reels, segue YouTube con i suoi Shorts. Qual è il punto in comune? La brevità dei contenuti.

Ma cosa significa tutto questo? La lunghezza ridotta dei video è una risposta alla nostra vita frenetica o sta minando la nostra capacità di concentrarci? È diventato comune sentire l’impulso di interrompere ciò che stiamo facendo per controllare Instagram o guardare un altro TikTok. Mezz’ora e decine di video dopo, ci ritroviamo pieni di vergogna e pronti a riprendere il lavoro, solo per essere distratti di nuovo poco dopo.

Non sei solo. C’è qualcosa di irresistibilmente attraente nei contenuti che durano solo pochi secondi. Psicologicamente, è facile capire perché. La consumabilità dei video brevi rende più difficile resistere. Inoltre, gli algoritmi delle app come TikTok si basano sul principio del rinforzo casuale, simile ai meccanismi delle slot machine: continui a guardare video nella speranza che il prossimo sia migliore.

Negli anni ’50, lo psicologo B.F. Skinner scoprì che i topi diventavano ossessionati da ricompense imprevedibili, trascurando altre attività. Questo fenomeno si applica anche agli umani: contenuti brevi e stimolanti ci tengono incollati allo schermo. Le piattaforme lo sanno bene e sfruttano questa debolezza.

L’effetto di questo tipo di consumo sui nostri cervelli è evidente. La nostra capacità di attenzione sta diminuendo. TikTok e contenuti simili ci offrono una gratificazione immediata, rendendo difficile concentrarsi su qualsiasi cosa più lunga di qualche minuto. Questo fenomeno è stato battezzato “TikTok Brain”. Sebbene manchi una ricerca a lungo termine, gli studi suggeriscono che l’uso eccessivo dei social media influisce negativamente sulle performance accademiche e crea sintomi simili alla dipendenza.

L’abbondanza di contenuti brevi aumenta anche la nostra impazienza e desiderio di novità. Più scelta abbiamo, meno siamo disposti ad aspettare. Uno studio dell’Università Tecnica della Danimarca ha rilevato una diminuzione della durata dell’attenzione collettiva dovuta all’aumento della produzione e del consumo di contenuti.



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