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Una Elisa in stato di grazia ha guidato la Cavea dell’Auditorium di Roma ‘Back to the future’, nella prima delle tre tappe romane (si replica venerdì 23 e sabato 24 settembre, data sold out) che chiudono la tranche italiana del suo nuovo tour, con una scaletta all’insegna di un viaggio tra i brani del nuovo album e hit del suo repertorio e di messaggi progressisti e sostenibili. Senza dimenticare un appello a “votare chi tutela l’ambiente, chi ci porta avanti e non ci affossa o spaventa”.

La platea romana ha tributato standing ovation a più riprese alla cantautrice e musicista di Monfalcone: tutti in piedi dopo la struggente ‘Silent song’, scritta da Giovanni Caccano, che fa parte del primo volume del disco live “Back to th Future Live – Part.1” uscito il 16 settembre (gli altri due volumi usciranno ad ottobre e novembre); tutti in piedi e commossi dopo ‘Hallelujah’ di Leonard Cohen che Elisa ha proposto nella versione di Jeff Buckley, dopo un video del Dalai Lama sulla responsabilità di ognuno nelal sorte del pianeta e dopo aver ricordato che “ognuno di noi può fare la differenza sulla sostenibilità con piccoli gesti quotidiani”; standing ovation anche dopo l’amatisima ‘Gli ostacoli del cuore’.

Come l’allbum che dà il titolo al tour, ‘Ritorno al futuro/Back to the Future’, Elisa ha alternato i suoi brani in inglese con quelli in italiano, portando sul palco un’energia contagiosa e qualità vocali e musicali rare. Non è mancato naturalmente ‘O forse sei tu’, brano con cui è arrivata seconda a Sanremo 2022, vincendo anche il premio Bigazzi alla miglior composizione musicale. Tutti piedi a ballare sotto il palco nell’ultima parte del concerto sulle note di ‘No Hero’, ‘Fucking Believers’ e ‘Together’. Con un finale che non poteva che guardare al futuro con ‘A modo tuo’, la canzone che Ligabue ha scritto per Elisa: un brano dedicato alla figlia del rocker Linda ma che il Liga ha voluto venisse cantata da una interprete che fosse anche mamma, come Elisa. E che lei a Roma ha voluto dedicare “ai più piccoli ma anche ai più grandi”.

di Antonella Nesi

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