La tragedia di Saman Abbas, la ragazza di 18 anni uccisa perché non voleva sposarsi con il cugino: la madre è ancora latitante

La vicenda della 18 enne Saman Abbas di Novellara è piena di violenza, sopraffazione e tristezza. La ragazza è stata uccisa perché non voleva sposare il cugino di 29 anni Saqib. Era continuamente picchiata e umiliata dal padre e ai cugini perché la sua voglia di indipendenza era troppo scomoda per la famiglia. Il risvolto ancora più tragico dei fatti è che la madre, non solo era consapevole delle violenze subite dalla figlia, ma è stata l’artefice della sua morte. La sera tra il 30 Aprile e il 1 Maggio del 2021 intorno alla mezzanotte, ha accompagnato la figlia in un campo per consegnarla al proprio fratello Danish Hasnain che ne ha causato “probabilmente” il decesso.

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La Corte di assise di Reggio Emilia. si era pronunciata con una condanna all’ergastolo per entrambi i genitori Abbas Shabbar e Shaheen Nazia e a 16 anni di detenzione per lo zio, mentre aveva scagionato i due cugini coinvolti nei fatti. La donna, secondo le nuova luce in cui sono visti i fatti sarebbe l‘esecutrice materiale del delitto.

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La sentenza è giunta a nuovi sviluppi nei giorni scorsi evidenziando il ruolo centrale della madre della ragazza. I video delle telecamere che hanno ripreso i movimenti della famiglia la note del delitto sono inequivocabili e i 90 secondi in cui la madre scompare dalle riprese sarebbero quelli in cui è avvenuta l’uccisione di Saman. Altra prova discussa al processo sarebbero i filmati in cui si vedono gli zii e i cugini con degli attrezzi da lavoro in mano( una pala, un secchio, una saccgetto di plastica). La corte ha però sancito che tali attrezzi sono compatibili con l’attività dei tre uomini e che non possono essere ascritti come prove del delitto. Il movente però non riguarda il matrimonio combinato della 18enne e la Corte presieduta da Cristina Beretti con estensore Michela Caputo, è tenuta a esplicitare questo fatto. Nulla toglie alla gravità dell’accaduto:

“Può dirsi indiziariamente accertata la comune volontà degli imputati di commettere l’omicidio della loro stessa figlia, la presenza di entrambi sul luogo del delitto, e il comprovato apporto fornito alla realizzazione dell’evento”.

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La ragazza aveva denunciato più volte agli assistenti sociali la gravità della sua situazione e aveva anche avvertito il fidanzato di allertare le autorità nel caso in cui non si fosse fatta sentire per le 48 ore successive. Il suo ultimo messaggio è delle 23,30 di quella notte fatale.

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Entrambi i genitori erano volati in Pakistan subito dopo il delitto, mentre lo zio e i cugini erano partiti per altre destinazioni europee. Sono stati tutti rintracciati e hanno preso parte al processo, tranne la madre che è ancora latitante.

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