L’aumento dei prezzi delle materie prime, il caro energia ma anche il payback farmaceutico e la produzione dei principi attivi in Europa. Marcello Cattani, amministratore delegato di Sanofi Italia e presidente di Farmindustria, in un colloquio con Sanità Informazione, ha affrontato alcuni dei principali problemi che l’industria del farmaco si trova ad affrontare in questa difficile congiuntura economica. I dati Istat da anni confermano che le aziende farmaceutiche sono driver di produzione e spingono l’export italiano, ma le nuvole che si stagliano all’orizzonte indicano che bisogna agire con cautela.

«Dobbiamo sciogliere due nodi che ci portiamo dal passato – spiega Cattani -. Il primo è quello del Fondo sanitario, la spesa farmaceutica ospedaliera dove oggi il tetto che non segue il fabbisogno reale vede uno sfondamento di due miliardi e mezzo e quindi il 50% è un ripiano di payback che pagano le aziende sottraendo investimenti all’innovazione, all’attrazione di nuove competenze e creazione di nuovi posti di lavoro. Dall’altra i tempi dell’accesso, troppo lunghi: 14 mesi a livello centrale, fino a 16 mesi a livello regionale e questo crea una penalizzazione dentro il nostro Paese e tra cittadini italiani e di altri paesi europei».

I rincari su aziende e ospedali

Cattani, che ha parlato a margine dell’evento “Salute e Sanità: le fide dell’Italia nello scenario globale”, incontro organizzato da Fondazione Mesit in collaborazione con Ceis di Tor Vergata, Centro per gli Studi Politico-costituzionali (Crispel) e Università di Roma Tre, mette in guardia sulle conseguenze dell’aumento dei cost energetici: «Non vale solo per gli ospedali ma anche per le nostre aziende. Le aziende che producono farmaci non possono scaricare questi incrementi che toccano anche la carta l’alluminio, il vetro. Mediamente lì il rincaro è del 50%, sull’energia è il 600%. Quindi diciamo no ad una revisione del prontuario terapeutico che abbia un criterio economicistico di taglio dei prezzi».

Il problema sulla produzione

Il rischio è che, non potendo le aziende aumentare il prezzo di alcuni farmaci, rischino poi di dover interrompere la produzione per l’aumento dei costi: «Sui farmaci etici, quelli rimborsati, i prezzi non possono essere aumentati perché sono negoziati centralmente con AIFA e quindi questo crea un problema di sostenibilità delle aziende. Pensiamo, ad esempio, ai farmaci antipertensivi o per la gestione del colesterolo che hanno un costo di pochi euro al mese. Tutti questi incrementi rendono difficile continuare a produrre e il rischio che aumentino le interruzioni di produzione e le chiusure aziendali nei prossimi mesi è reale».

«Per questo – aggiunge Cattani – non devono essere fatti tagli sui prezzi perché noi già scontiamo tutti questi aumenti e non possiamo metterli a carico del consumatore. Tenga presente che gli elementi importati vengono pagati in dollari e la debolezza del cambio euro-dollaro influisce ulteriormente oltre all’inflazione».

Infine, il grande tema di riportare in Europa la produzione dei principi attivi, per oltre il 75% prodotti in Cina e India. «L’autorizzazione e la costruzione di nuovi stabilimenti farmaceutici richiede tempo – conclude Cattani -. Serve una visione strategica, un impegno politico nel supportare tutte quelle attività di reshoring, friendshoring, di rilocalizzazione sfruttando ulteriormente quegli strumenti, gli incentivi all’innovazione, i contratti di sviluppo, avendo una strategia aggressiva di paese, come la Francia, per rendersi meno dipendenti, più autonomi, più sovrani non solo nella produzione di farmaci, nei quali siamo leader, ma soprattutto dei fattori che concorrono alla produzione di ingredienti attivi ma anche di carta, vetro e alluminio»

 

 

 



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