«Abbiamo una certa familiarità con il nazionalismo statunitense,

🎵 la mano sul cuore durante l’inno nazionale,
🇺🇸 le bandiere in giardino,
💵 la scritta IN GOD WE TRUST sui dollari
🏫 e il giuramento di fedeltà alla patria recitato a scuola ogni mattina.

Tutto ci sembra sopra le righe. La loro aggressività infantile ci inquieta. Il loro atteggiamento spaccone ci respinge. Ci capita persino di provare uno strano imbarazzo quando li osserviamo descriversi e sentirsi speciali, il popolo eletto, la guida del mondo libero, un faro di speranza, una città splendente sulla collina: tutte espressioni che gli americani usano di frequente e senza ironia per parlare della loro nazione.

Ci sembra mitomania, oppure propaganda, ma quello di cui non siamo consapevoli è che i primi bersagli di questa propaganda sono gli americani stessi: e quindi che il principale obiettivo e risultato di questi sforzi non sia convincere noi, il mondo fuori, della loro eccezionalità, bensì convincere se stessi.

E sapete che c’è?
Vero o falso che sia, funziona.
Ci credono, quindi ogni tanto ci riescono.
Lo stiamo vedendo ancora una volta in questi anni.»

“Frontiera. Perché sarà un nuovo secolo americano”, Francesco Costa

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