In alcune regioni italiane c’è poca chiarezza e trasparenza sull’impiego e la destinazione dei fondi dedicati allo studio, alla diagnosi e alla cura della fibromialgia. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di un’indagine condotta da Cittadinanzattiva nel corso del 2022, che ha spinto le associazioni dei pazienti – Associazione Italiana Sindrome Fibromiagica (Aisf), Associazione Fibromialgici Libellula Libera APS e CFU Comitato Fibromialgici Uniti Italia Odv – a lanciare un appello alla trasparenza. I fondi indagati sono quelli stanziati con la legge di Bilancio 2022. Si tratta del Fondo per lo studio, la diagnosi e la cura della fibromialgia: una dotazione di 5 milioni di euro per il 2022. Nonostante un decreto successivo lo abbia ripartito tra tutte le Regioni  nessuna di esse ha di fatto ricevuto la propria quota. Secondo la legge, comunque, le Regioni sono tenute, dallo scorso dicembre 2022, ad individuare sul proprio territorio uno o più centri specializzati, per la gestione delle persone con fibromialgia e in grado di assicurare ai pazienti una presa in carico multidisciplinare.

Troppe differenze regionali

«C’è ancora molto da fare per dare risposte concrete ai bisogni di salute delle persone affette da fibromialgia e dei loro familiari e garantire un equo accesso alle cure e in maniera uniforme su tutto il territorio», sottolinea Cittadinanzattiva. All’indagine hanno risposto tutte le regioni, ad eccezione di Calabria, Friuli-Venezia Giulia e Puglia. La Regione Campania ha fornito una risposta interlocutoria che riferisce che è tutto in fase di programmazione. Per Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Piemonte, Sardegna e Toscana, risposte molto complete in termini di informazioni riportate. Basilicata, Liguria, Lombardia, Molise, Umbria, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto hanno riportato poche indicazioni. Tutte le Regioni comunicano di aver inoltrato la richiesta di accesso ai fondi stanziati. Le Regioni Lazio, Marche, Piemonte e Toscana hanno dato indicazione sulla ripartizione dei fondi, insieme a Emilia-Romagna e Sardegna che hanno anche fornito dettagli numerici. Solo 13 regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta, Veneto) oltre ad aver individuato il centro o i centri per diagnosi e alla cura della fibromialgia, hanno anche specificato quali sono e dove si trovano.

In alcune regioni le associazioni dei pazienti con fibromialgia non vengono coinvolte

Nell’analizzare le risposte fornite dalle Regioni, Cittadinanzattiva constata un generale ritardo sul tema della trasparenza da parte delle pubbliche amministrazioni che, nella gran parte dei casi, sembrano considerare la risposta alla richiesta di informazioni, attraverso lo strumento dell’accesso civico generalizzato, come mero adempimento formale. Particolarmente grave è il caso delle Regioni Calabria, Friuli Venezia Giulia e Puglia perché, in questi casi, non è chiaro se l’assenza di risposta all’accesso civico corrisponda ad una mancata richiesta dei fondi dedicati. Dall’indagine si rileva chiaramente anche il mancato coinvolgimento, o il coinvolgimento molto parziale delle organizzazioni civiche e delle associazioni di pazienti, sia nella definizione di PDTA regionali sulla sindrome fibromialgica, sia nella predisposizione di percorsi assistenziali multidisciplinari che consentano anche agli specialisti di avere un corretto approccio alla cura e alla diagnosi della malattia.

Fabio (Aisf): «Pretendiamo rispetto, trasparenza e correttezza da chi ci governa»

«Risposte mancate e poca trasparenza oltre che materialmente alcun somma ancora arrivata e utilizzata”, fa il punto su Sanità Informazione Giusy Fabio, vicepresidente Aisf odv. «Davanti a questo non possiamo che evidenziare il nostro disappunto e il nostro malcontento ma soprattutto la nostra voglia di non arrenderci per ottenere quello che ci è dovuto», aggiunge. «Non intendiamo fermarci anzi vogliamo spiegazioni e soluzioni per portare a compimento un atto che non può essere ignorato. Siamo stanchi di vedere non tutelati i nostri diritti di salute e di cura, li pretendiamo e pretendiamo rispetto, trasparenza e correttezza da parte di chi ci governa e rappresenta», conclude Fabio.

Suzzi (CFU Italia): «Al ministero della Salute chiediamo decreto per inserimenti nei Lea»

Si unisce al coro di malcontento anche Barbara Suzzi, presidente di CFU Italia Odv. «Alcune Regioni hanno dato informazioni parziali – spiega a Sanità Informazione – e da parte nostra continueremo a interloquire con loro e a monitorare che i pazienti vengano seguiti sul serio». E continua: «Nel frattempo, considerata la recente approvazione del decreto tariffe – continua Suzzi – chiediamo al ministero della Salute di inserire anche la fibromialgia nei Lea con un semplice decreto ministeriale».

Nicoletti (Cittadinanzattiva): «Le istituzioni si impegnino a cambiare la situazione attuale»

«I dati di questa indagine – dichiara Tiziana Nicoletti, responsabile del Coordinamento nazionale Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva – sono essenziali per riflettere su quanto ancora ci sia da fare per rispondere fattivamente alle richieste di salute e assistenza dei cittadini affetti da fibromialgia e dei loro caregiver. Per questo chiediamo alle istituzioni di impegnarsi per cambiare la situazione attuale: innanzitutto bisogna erogare subito i fondi che la legge prevede, in modo che le Regioni possano organizzare e attivare i vari servizi sul piano territoriale. Non basta: è anche imprescindibile e doveroso che il ministero risponda concretamente ai cittadini che attendono dal 2018 – anno in cui la Commissione permanente sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) ha dato parere favorevole – aggiornando i LEA e inserendo la fibromialgia tra le malattie croniche riconosciute».

 



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