L’emicrania con aura può essere causata dal Forame Ovale Pervio (PFO) comunemente chiamato buco nel cuore che consiste nella mancata chiusura totale, alla nascita, della comunicazione tra atrio destro e sinistro. La correlazione tra il difetto genetico del cuore che interessa circa un individuo su quattro e l’emicrania con aura, già ipotizzata negli Stati Uniti, ha trovato risposte significative nel recente studio del Centro Cardiologico Monzino con l’Università Statale di Milano realizzato su 62 pazienti. «Diversi studi fatti in passato negli Stati Uniti avevano messo in luce una relazione tra emicrania con aura e PFO, evidenziando come in questi pazienti gli attacchi di emicrania spariscano o si riducano in modo significativo dopo la procedura interventistica di chiusura del forame – spiega a Sanità Informazione Daniela Trabattoni, Responsabile dell’Unità di Cardiologia Interventistica 2 del Monzino e coordinatrice della parte clinica dello studio -. Partendo da questo dato, noi abbiamo voluto indagare quali fossero i meccanismi cellulari fisiopatologici alla base del processo e così abbiamo concentrato l’attenzione su soggetti con PFO ed emicrania con aura che non avessero pregressi di ischemia celebrale o stroke. A questi pazienti abbiamo somministrato un questionario e chiesto di tenere il diario delle emicranie oltre che assumere cardio aspirina per almeno due o tre mesi. Tutti hanno documentato un netto miglioramento del quadro sintomatologico con remissione completa delle aure e riduzione della durata delle crisi emicraniche della frequenza e dell’intensità. Dopodiché sono stati avviati a chiusura percutanea del difetto continuando la terapia antiaggregante e sono stati monitorati per sei mesi».

La scoperta della proteina che innesca la formazione dei trombi

Il follow up dei pazienti presi in esame su indicazione dai neurologi perché senza precedenti di ictus o ischemie, ma con emicrania con aura persistente, si è basato sulla loro storia, ma anche su esami del sangue che evidenziavano un numero elevato di piastrine in grado di innescare la formazione di trombi « Mettendo insieme lo studio osservazionale nostro, con i dati raccolti nel lavoro del professor Sommer negli Stati Uniti, abbiamo evidenziato come nei soggetti con emicrania con aura persistente, l’ attivazione di piastrine è molto elevato rispetto a soggetti sani che assumono aspirina e si modifica dopo la chiusura del forame ovale, arrivando a livelli di assoluta normalità. Questi meccanismi di iperattivazione piastrinica sono stati studiati a livello più specifico per andare ad indagare le microvescicole all’interno delle piastrine, ovvero piccole particelle che possono essere dei marcatori di infiammazione e fenotipo pro-trombotico. In sostanza – sottolinea Trabattoni -, quello che appare evidente è che i pazienti con PFO ed emicrania con aura hanno un quadro di predisposizione pro-trombotica marcatamente elevato che si normalizza, non con l’assunzione della terapia antiaggregante, ma solo dopo la chiusura del forame ovale pervio».

Cos’è il PFO: i sintomi da non sottovalutare

«Circa una persona su quattro ha un PFO, ma il più delle volte non lo sa perché si tratta di un difetto congenito asintomatico – fa notare la responsabile dell’Unità di Cardiologia Interventistica del Monzino -. Le manifestazioni più eclatanti sono l’ictus o l’ischemia transitoria cosiddetta TIA che esordisce al mattino, al risveglio. Il soggetto colpito può manifestare un deficit di forza al braccio o alla mano, a una gamba, oppure accusare un formicolio al volto, o ancora avere una afasia motoria per la quale vorrebbe dire delle parole, ma ne escono tante altre in modo disordinato. Insomma, non riesce a farsi capire, ma recepisce perfettamente ciò che le viene detto. In quel caso è bene indagare e correre ai ripari con la chiusura del foro. Ci sono poi persone che mostrano solo un po’ di affanno ad ogni cambio posturale, da sdraiato a seduto, quella che si chiama platipnea ortodeossia. Nella maggior parte dei casi invece il PFO è silente, tanto che chi ne soffre resta asintomatico a lungo per poi manifestarsi con un episodio ischemico. In tal caso, mentre in passato si agiva con una terapia antiaggregante con l’aspirina e si attendeva l’evoluzione della stessa, e il sopraggiungere di un secondo episodio prima di intervenire, dal 2017, con la pubblicazione dei risultati dello studio RESPECT, finalmente si è decretato che la correzione percutanea ha esiti nettamente superiore, per cui anche le linee guida sono state modificate e il paziente, che abbia avuto un evento ischemico transitorio e presenti un forame ovarico, con uno shunt anche moderato, viene operato».

70 per cento sono donne

Nelle donne l’emicrania con aura combinato al Forame Ovale Pervio è più diffuso, lo dicono le statistiche: nel 70 per cento dei casi i soggetti che ne soffrono sono di sesso femminile, non tanto per una questione di genere, ma per la combinazione con altri fattori come l’assunzione della pillola o di terapie ormonali. «Gli ormoni hanno un ruolo sostanziale, ma è importante discriminare le emicranie con aura che sono legate ad altri meccanismi da quelle invece che hanno un’azione vincolata all’attività delle piastrine. Per cui non avrebbe senso chiudere il PFO a tutti solo perché hanno l’emicrania – puntualizza -, ma è fondamentale andare a capire quali emicranie si riescono a correggere».

Emicrania con aura il legame con PFO è riconosciuto, ma non ancora nei documenti scientifici

«L’emicrania non è ancora codificata tra le indicazioni ufficiali alla correzione – sottolinea Trabattoni -, esiste solo un documento della società italiana di cardiologia che recita che nel paziente con emicrania invalidante è una indicazione la scelta condivisa tra i curanti: cardiologo, neurologo e paziente, di prendere in considerazione la chiusura del forame, sapendo che potrebbe avere ottimi risultati».

Cosa fare?

Comprendere la connessione tra emicrania con aura e PFO è fondamentale, dunque, e l’iter di valutazione e di ricerca spetta al neurologo, attraverso una serie di esami: una risonanza magnetica, un encefalogramma, un eco cardiogramma con il test delle bolle per la ricerca dello shunt all’interno delle cavità cardiache da destra a sinistra e una valutazione dello screening trombofilico (prelievo del sangue che va ad analizzare test genetici per riconoscere i rischi trombotici del soggetto). «Solo dopo una scarsa risposta della terapia delle emicranie – aggiunge Trabattoni -, si potrà interpellare il cardiologo per valutare la presenza del PFO e definire la fattibilità per procedere ad una correzione percutanea»

La nuova sfida

La prossima sfida del Centro Cardiologico Monzino, nell’ambito di uno studio internazionale americano sarà proprio di riconoscere, attraverso appositi esami, chi può risolvere il disturbo grazie della chiusura del Forame Ovale Pervio da coloro che invece hanno un’emicrania con aura generata da altri fattori. «Questo sarà il primo studio in assoluto che ci permetterà di approfondire gli aspetti fisiologici e cellulari nell’intento, non solo di ampliare le indicazioni alla correzione del Forame Ovale nelle linee guida internazionali, individuando il gruppo di soggetti da indirizzare verso questo tipo di procedura, ma anche individuare dei test che ci permettano di identificare i soggetti che più possano trarre beneficio da una procedura interventistica».

 



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