La sindrome di Klinefelter è una malattia genetica dovuta alla variazione del numero dei cromosomi X e Y che sono 47 anziché 46, per la presenza di un cromosoma X sovrannumerario. Una condizione che, nonostante l’alta prevalenza (un neonato maschio ogni 500), non manifestando particolari sintomi, è difficile da diagnosticare.

Lo sa bene Maurizio Vittadini, che scopre di essere un paziente Klinefelter, per caso, durante la visita per il servizio di leva. A 19 anni decide di arruolarsi nel corpo degli alpini, ma nonostante un fisico robusto – è alto un metro e novantasette centimetri – e in buona salute, viene congedato. Solo esami più approfonditi rivelano la sindrome, ma non avendo sintomi evidenti la sua vita scorre serena, lavora in cantiere ed in breve tempo diventa responsabile tecnico e amministrativo di grandi opere, poi si sposa e decide di allargare la famiglia.

Infertilità, primo sintomo della sindrome di Klinefelter

Solo allora scopre che la sua difficoltà a procreare è una diretta conseguenza della sindrome di Klinefelter, ma ancora una volta non si sofferma troppo sulla malattia, decide di aggirare l’ostacolo e con la moglie intraprende il percorso dell’adozione.

Con l’adozione del figlio, la vita di Maurizio scorre di nuovo serena finché una ischemia coronarica a 48 anni non riaccende i riflettori sulla sindrome rara di cui è affetto dalla nascita. Maurizio scopre così che questa variazione cromosomica, oltre all’infertilità, può causare problemi cardiovascolari, osteoporosi, sindrome metabolica come il diabete mellito di tipo 2 e in un certo numero di pazienti anche difficoltà di linguaggio e di apprendimento.

I segnali da non sottovalutare

In realtà i segnali della sindrome di Klinefelter nei maschi sono diversi: ritardo nello sviluppo delle capacità motorie, forza muscolare ridotta, statura elevata, spalle strette e fianchi larghi, testicoli piccoli e in percentuali più ridotte seno ingrossato e pubertà ritardata. Eppure, non sempre vengono diagnosticati perché la sindrome è ancora poco nota anche se dal 2017 dalla lista delle malattie rare, è passata a quella delle malattie croniche e invalidanti con un nuovo codice di esenzione 066. «Dopo l’ischemia ho capito che la sindrome di Klinefelter è una patologia che non deve essere sottovalutata, è importante affidarsi agli specialisti dei Centri specifici di riferimento, sottoponendosi a controlli regolari, analisi ed esami clinici per il monitoraggio e l’adeguamento delle terapie» spiega Maurizio.

Svitati 47

Fondamentale è dunque riconoscere la malattia per monitorare i sintomi e fare le corrette terapie. Per questo Maurizio quando incontra sul suo cammino gli Svitati 47 diventa subito uno di loro. Si tratta di un gruppo di pazienti che vogliono far conoscere la patologia, creano un sito (www.grupposvitati47.com), organizzano incontri e danno voce agli specialisti. «Mi piace pensare di essere un anello di congiunzione tra un mondo che non si conosce e la parte specialistica che può aiutare – sottolinea Maurizio – essendo la nostra condizione cronica e invalidante, non si guarisce, ma si può trovare un equilibrio  e un percorso lineare e leggero per vivere una vita migliore».

Lo specialista: «Possibile superare l’infertilità se individuata presto la Klinefelter»

Per convivere senza traumi o ripercussioni con la sindrome di Klinefelter è fondamentale riconoscere la patologia e rivolgersi ad un centro di riferimento multidisciplinare dove i pazienti vengono presi in carico da specialisti di endocrinologia e medicina della sessualità. «Quando il soggetto si accorge di avere la sindrome e spesso accade in età adulta, deve rivolgersi ad uno specialista – spiega Alberto Ferlin endocrinologo docente presso l’Università di Padova – per due motivi fondamentali: cercare di superare il problema della fertilità recuperando gli spermatozoi presenti nel testicolo, e questo avviene in circa la metà dei soggetti con Klinefelter, per poter effettuare delle tecniche di fecondazione assistita ed entrare poi in un  follow up annuale di controllo. Invece se si scopre la sindrome nella prima infanzia, occorre attendere il momento della pubertà, quando si sviluppano i testicoli per monitorare  la produzione di spermatozoi che di testosterone, e quindi agire quando necessario».

Da SIAMS è nata Klinefelter Italian Group, la rete di centri di riferimento per i pazienti

La società italiana di andrologia e medicina della sessualità SIAMS, di cui il professor Alberto Ferlin fa parte, ha creato una rete di centri di riferimento – Klinefelter Italian Group – per affrontare la sindrome in modo adeguato. Tra i centri specialistici al primo posto c’è l’ospedale di Padova, dove sono in cura oltre 700 pazienti. «La cura si basa su terapia sostitutiva quando il testosterone risulta basso e c’è un ipogonadismo. In quel caso – spiega Ferlin – è fondamentale compensare e riportarlo ai livelli normali. Esistono poi delle situazioni in cui i soggetti sviluppano altre patologie, tra le più diffuse obesità, sindrome metabolica o osteoporosi. Questo in parte è dovuto ai bassi livelli di testosterone ed in parte al cromosoma X in più che determina una maggiore suscettibilità a queste comorbidità. In tutti gli altri casi bisogna personalizzare la terapia con altri presidi a seconda delle complicanze che esistono».

 

 

 



Fonte

Un pensiero su “«Per anni ignaro della malattia, con gli Svitati 47 aiuto chi ne soffre»”
  1. che posso dire.sono un klinefelter pure io,qundi,ben venga parlarne.sono convinto che oggi con tutta questa informazione sia più facile avere una vita “normale”.la mia non lo è stata.credo sia importante avere un insegnante di sostegno già dalle elementari….non siamo ignoranti,è che facciamo fatica a comprendere.se questa cosa si protrae alle medie e alle superiori è un disastro.sopperisci a queste mancanze con: alcol,droga comunque qualsiasi cosa che ti faccia avvicinare agli altri.per assurdo ciò che mi ha salvato è che: se hai dei problemi e ti fai delle canne sei spacciato.le canne amplificano i tuoi malesseri.mi ritengo fortunato…negli anni ’80 l’eroina era la droga per eccellenza.ho avuto la fortuna di frequentare persone contrarie a questa merda.oggi ho 65 anni.non sono felice.ho una marea di problematiche,ma la mia vita la rifarei.quello che voglio dire è che la vita è una sola e sta a noi farcela piaceremichele

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