chiara gualzetti

La giustizia è la voce calda di un padre che non chiede vendetta o predica odio ma pretende che la condanna inflitta dal tribunale per i minorenni venga rispettata. Vincenzo Gualzetti, 54 anni, è il papà di Chiara uccisa a 15 anni da un amico, un ragazzo che lei ha abbracciato prima di essere accoltellata alla schiena il 27 giugno 2021 sulle colline di Monteveglio, alle porte di Bologna. Condannato, con rito abbreviato, a 16 anni e quattro mesi è rinchiuso nel carcere del Pratello mentre si avvicina il giudizio di secondo grado e la difesa potrebbe chiedere una nuova perizia e una riduzione della pena.

“Mi aspetto che il processo d’appello confermi la sentenza del 26 luglio scorso che è stata esemplare, senza precedenti, il massimo della pena prevista oggi in Italia per un minore” spiega papà Vincenzo all’Adnkronos. “Cinque periti hanno detto che è capace di intendere e volere, che ha ucciso in piena coscienza. “Nella sua confessione ai carabinieri c’è una frase che mi rimbomba nella testa ‘Ricordo che non voleva morire, non pensavo che il corpo umano fosse così resistente’. Parole che la mia testa traduce in immagini, come fossero foto crude, violente di quello che lui le ha fatto. Ho la sensazione che abbia ucciso Chiara semplicemente per capire cosa si prova, nessuna voce gli ha detto di farlo. Se deve essere curato lo stabiliranno degli esperti, ma la cura non deve andare a discapito della pena” sottolinea chi ha perso la sua unica figlia e ora lotta perché ne resti memoria.

Cure e rispetto invocate dalla madre dell’assassino reo confesso a cui Vincenzo preferisce non replicare, bollando come “provocazione” le affermazioni di una donna che non ha mai chiesto scusa, che ha potuto assistere al processo del figlio mentre i genitori di Chiara sono stati lasciati alla porta. “Con il mio avvocato Giovanni Annunziata – racconta Gualzetti – abbiamo avanzato alla Commissione giustizia una proposta di modifica affinché l’obbligatorietà dell’attenuante della minore età sia sottoposta a un giudizio di bilanciamento rimesso alla discrezione del giudice, a cui va dato il potere di applicare, in casi gravi come gli omicidi premeditati, una pena più elevata e l’impossibilità di chiedere il rito abbreviato. Riuscire a ottenere questo vorrebbe dire che Chiara non è morta invano, non riuscirci sarebbe una delusione davvero pesante”.

A quasi 15 mesi dal delitto non c’è un percorso di ravvedimento, anzi una foto scattata in carcere e poi finita sui social lo mostra mentre con una mano fa il segno di vittoria. “Quell’immagine rivela come sia ancora incline a violare le regole. Mostrano una persona socialmente pericolosa, un narcisista patologico e io ho paura quando uscirà per chi lo frequentava. Gli chiederei ‘perché?’, perché prendere un coltello e fare quello che ha fatto…ucciderla, colpendola alle spalle a tradimento come un vigliacco, prenderla a calci in faccia, usare tutta quella cattiveria”.

Eppure Chiara vive, continua a ricevere l’affetto di una comunità che non vuole dimenticare e resta accanto a mamma Giusy e papà Vincenzo che ce la mettono tutta per resistere al dolore e lavorano per trasformare la casa destinata alla figlia in una struttura per aiutare le vittime di violenza di genere e sognano la creazione di un’associazione contro il bullismo giovanile. “Con un’azienda della zona, sto lavorando anche perché quando un genitore compra un cellulare e una sim per il figlio minore venga installato un software che lanci un alert se scova chat con parole compromettenti o si tenta l’accesso a siti proibiti. E’ un aiuto a evitare pericoli e cattive compagnie”, conclude Vincenzo Gualzetti, con Giusy per sempre genitori di Chiara.

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