La mattina al risveglio, la sera prima di addormentarsi dopo la favola della buonanotte. Al ritorno da scuola, al ritorno dal lavoro. Ogni occasione è quella giusta, per un genitore, per coccolare il proprio bambino con un bacio. Sulle guance o sulla fronte? No, sempre più spesso, sulle labbra. Una pratica comunissima, soprattutto ai giorni nostri, sulla quale però si è recentemente acceso un dibattito social scaturito da un post dello psicologo Alberto Pellai, schieratosi apertamente contro questo tipo di manifestazione d’affetto tra genitori e figli. Il motivo? In estrema sintesi, una linea di demarcazione da non oltrepassare tra le effusioni affettive e quelle amorose, che potrebbero, queste ultime, destabilizzare e confondere i bambini. I follower dello specialista si sono, come era prevedibile, divisi tra chi continua a non vedere alcuna malizia nel gesto e tra chi invece concorda sulla non opportunità di un atteggiamento così intimo. Una cosa è certa: molte mamme e molti papà si stanno chiedendo se un gesto così spontaneo e innocente non rischi davvero di creare danni e turbamenti psichici ai loro figli. Sanità Informazione, a sua volta, ha chiesto un parere sulla questione alla dottoressa Valentina Cosmi, psicologa e sessuologa, componente del Direttivo SISP (Società Italiana di Sessuologia e Psicologia).

Dottoressa, condivide la levata di scudi del suo collega contro il bacio sulle labbra tra genitori e figli?

«Credo che prima di dare qualsiasi giudizio tranchant su questo tipo di manifestazione affettiva sia opportuno soffermarsi su una serie di variabili e di fattori legati al contesto di riferimento, come l’età del bambino, l’epoca storica e l’appartenenza geografica. Mi spiego: intanto il bacio sulle labbra da genitore a figlio è, almeno nella nostra società, una modalità molto recente, figlia di un’epoca in cui in generale l’agito tende a predomina sulle altre manifestazioni affettive (verbali e paraverbali). Così come dobbiamo distinguere tra il bacio sulle labbra ad un bambino molto piccolo e quello ad un bambino che ha magari già 5 o 6 anni: sono situazioni profondamente diverse».

Si rischia davvero di caricare di significati erotici un rapporto che dovrebbe esserne scevro?

«No, il punto non credo sia questo e se parliamo di un presunto rischio di “erotizzazione” del rapporto genitore figlio incappiamo in un grave fraintendimento di fondo. Questo rapporto nasce, in un certo senso, già intriso da alcune componenti che rimandano all’erotismo: basti pensare al fatto che il latte viene succhiato dal capezzolo materno o al momento del cambio del pannolino in cui per forza di cose i genitori puliscono i genitali dei figli. Questo per dire che non è il bacio sulle labbra in sé a inserire un elemento di “eros”, nel senso più profondo del termine, nel rapporto genitore-figlio».

Quindi qual è la vera questione?

«Più che chiederci se questa modalità sia giusta o sbagliata dovremmo chiederci: qual è il senso che diamo a questa modalità? Il bacio sulle labbra ci sembra maggiormente esprimere amore rispetto ad una carezza o a un abbraccio? Ci sembra che sia una manifestazione maggiormente decodificabile per il bambino? Io credo che questa pratica assolva ad un bisogno che è più dell’adulto che del bambino e a cui noi adulti attribuiamo un determinato significato. Anche perché il bisogno di contatto fisico non è assolutamente uguale per tutti i bambini, alcuni ne sono addirittura infastiditi».

Quali possono essere le ripercussioni negative sulla psiche dei bambini?

«Sicuramente può essere una modalità confondente, tant’è vero che tra genitori e figli adulti questa pratica decade. I bambini poi vedono che il bacio sulle labbra è una modalità che appartiene (anche) al rapporto tra mamma e al papà: è importante tenere ben separati i ruoli, o il rischio è che per il bambino possa diventare più difficile, una volta adulto, staccarsi dal guscio materno. Per un sano sviluppo psichico del bambino è fondamentale lasciare messaggi coerenti e lineari. Lo stesso concetto può applicarsi alle manifestazioni verbali di affetto: nella lingua italiana, dire “ti amo” e dire “ti voglio bene” esprimono due concetti profondamente diversi. Dire al proprio figlio “ti amo” invece di “ti voglio bene” può parimenti lasciar passare un messaggio confondente».

Su quali atteggiamenti conviene puntare allora, per far sentire il bambino amato e non “confuso”?

«Manifestazioni così eccessive spesso nascondono l’incapacità di esprimere lo stesso sentimento in altro modo, se manca la capacità di verbalizzare correttamente le emozioni, di ascoltare, di entrare in empatia. Questi sono tutti modi alternativi ed efficaci per far sentire un bambino amato. Allo stesso modo un abbraccio, che ha una forte valenza affettiva, regala la percezione di contenimento e di protezione, spesso necessaria a un bambino impaurito o agitato. Così come un bacio sulla fronte infonde al bambino una sensazione di sicurezza e sostegno».

 



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