Mentre l’Europa va avanti con la creazione di uno spazio europeo dei dati sanitari prevista dal Regolamento UE 2021/522 e pensa ad un formato comune europeo per i documenti sanitari e ad un organismo responsabile che vigilerà sulla finalità dell’utilizzo dei dati, in Italia vige ancora un sistema che vede la ricerca clinica stretta nella morsa di regole giuridiche che, se non la ostacolano, certamente non la agevolano.

E così, nonostante le aperture a livello europeo – del Legislatore che considera la ricerca scientifica un settore per il quale occorre flessibilità regolatoria e interpretativa e dell’European Data Protection Board (EDPD) che ammette la legittimità di un consenso al trattamento dei dati in termini generali per finalità di ricerca con la fornitura periodica da parte del titolare del trattamento di informazioni sullo sviluppo e l’avanzamento del progetto di ricerca – molti ricercatori italiani si scontrano, ancora oggi, con approcci di particolare rigidità operativa.

Ciò vale soprattutto per gli IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) che non riescono ad acquisire un ampio consenso informato al trattamento dei dati in relazione a qualunque studio coerente con l’area disciplinare riconosciuta e approvata dal Ministero, mentre lo stesso Legislatore italiano considera legittimo il trattamento,  a fini di ricerca, dei dati personali raccolti per l’attività clinica da parte dei medesimi Istituti (articolo 110 bis, comma 4, del Codice per la protezione dei dati personali).

Alla luce delle novità che arrivano da oltre frontiera, sarebbe davvero auspicabile un intervento interpretativo dell’Autorità Garante che sancisca, senza riserve, la possibilità di utilizzare appieno i dati per finalità di ricerca nell’ambito di progetti differenti, sempre nell’area disciplinare di riferimento. Per le stesse ragioni, gli IRCCS depositari dei dati dovrebbero poterli condividere con università e altri enti di ricerca con finalità non profit, con la costruzione di repository comuni e registri informatizzati.

La ricerca non può avere confini amministrativi e il lavoro di rete – e il data sharing soprattutto – rappresentano armi irrinunciabili per il progresso della scienza, specie nel trattamento e nella cura delle malattie.

 



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