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«La sanità, soprattutto quella pubblica, deve essere il luogo dove i professionisti della salute si sentono a casa propria e dove si investe nella loro formazione e nella retribuzione, dove si valorizza il loro lavoro». È determinata Sandra Zampa, responsabile Salute del Partito democratico ed ex sottosegretario a Lungotevere Ripa nel governo Conte II, nell’illustrare le priorità che il Pd si è dato per la prossima legislatura.

In primis il problema dello scontento dei professionisti della sanità, sempre più gravati da turni massacranti e da retribuzioni inferiori alla media europea che sta allontanando molti giovani dalla sanità pubblica, dove le carenze di organico sono sempre più estese. Un fenomeno che ha portato il governatore calabrese Roberto Occhiuto a reclutare medici cubani per far fronte alle carenze, idea però bocciata dalla Zampa che spiega: «Si è lavorato male, bisognava assumere più medici specializzandi».

Anche il Pd punta sul riordino della medicina del territorio, avviato nell’ultima legislatura, ma al contempo anche a un rilancio della rete ospedaliera considerando che l’Italia ha un numero di posti letto inferiore alla media europea. Ma c’è anche il tema della salute mentale dove l’Italia sconta un grave ritardo: «Pensiamo a un piano straordinario per la salute mentale che promuova la presa in carico e l’inclusione con aumento dei finanziamenti fino a raggiungere il 5% del Fondo sanitario nazionale» spiega Zampa a Sanità Informazione.

E poi c’è il grande tema del recupero delle liste di attesa, che è al centro di tutti i programmi sanità: «Bisogna arrivare ad immaginare, se si è costretti ad andare in libera professione, che una parte della spesa per queste prestazioni sia rimborsata se il pubblico non è in grado di garantire tempi ragionevoli» spiega l’esponente dem che è candidata per il Pd in Liguria nel collegio uninominale al Senato di Ponente e in Emilia-Romagna nel collegio plurinominale del Senato.

Onorevole, nel programma del PD si parla chiaramente di “stanchezza e insoddisfazione delle professioni sanitarie”. Come si risolve questo problema?

«La prima cosa da fare è un piano straordinario per il capitale umano, per il personale. Serve un patto con gli operatori sanitari. Vanno garantite più assunzioni e stabilizzazioni, tema di cui nessuno parla: è molto più facile buttarsi sull’abolizione del numero chiuso, una misura che servirebbe poco o niente. Servono remunerazioni più alte, anche questo incide sul numero di professionisti che decidono di andare all’estero. La sanità, soprattutto quella pubblica, deve essere il luogo dove loro si sentono a casa propria e dove si investe nella loro formazione, nelle retribuzioni, dove si valorizzano i medici di medicina generale. Va valorizzata la figura degli infermieri: dobbiamo prevedere per loro percorsi di avanzamento professionale, tenendo conto della trasformazione che questa professione ha avuto negli anni. Oggi si può immaginare un impiego più ampio, consentendogli di affiancare gli MMG anche nelle case di comunità».

Il candidato del Pd Andrea Crisanti ha già polemizzato con i MMG proponendo per loro il regime della dipendenza…

«Crisanti non ha avuto modo di leggere il programma del Pd, né aveva potuto partecipare alla stesura, né ha lavorato al dipartimento salute. Il tema della dipendenza è stato oggettivamente discusso nelle Agorà del Pd. Anche io mi sono interrogata su quale potesse essere la strada migliore. Abbiamo fatto decine di incontri. La conclusione è che su base volontaria e sperimentale si dovrebbe consentire la scelta della dipendenza. Ma serve anche una scuola di specializzazione in medicina generale con borse di specializzazione dello stesso identico livello delle altre. Il ritorno al passato non è la soluzione».

Nella riforma della sanità territoriale il ministro Speranza ha previsto per gli MMG che una parte del loro monte ore venga svolto nelle Case di Comunità…

«Siamo totalmente concordi con il ministro. Il dipartimento condivide questa proposta. È evidente che le Case di comunità devono essere il luogo della prossimità. Si va verso un modello sperimentato in altri paesi, come il Portogallo, dove i cittadini possono trovare una risposta. A Bologna è uscito uno studio molto interessante sulla Casa della Salute – dato che l’Emilia-Romagna è una delle poche regioni d’Italia dove la Casa della Salute funziona -. Il buon funzionamento della Casa della Salute ha comportato un abbattimento degli accessi al Pronto soccorso di Bologna. Il DM 77 va attuato in tutte le sue parti, integralmente, e questo porterà un grande sollievo nella vita dei professionisti e in quella dei cittadini. L’altro ieri ho letto dei dati sulla Liguria del 2019, con il 52% degli accessi ad una Asl sono codici bianchi. Questo va cambiato».

In Calabria c’è grande polemica sui medici cubani chiamati dal presidente Occhiuto a colmare la carenza…

«Le do un dato: nei mesi in cui il ministro Speranza aveva dato alle regioni le risorse per arruolare specializzandi ci sono regioni come Veneto ed Emilia-Romagna che ne hanno arruolati 5mila e regioni come la Calabria che ne hanno arruolati mille. Quando Occhiuto dice che non c’era possibilità di assumere gli specializzandi dice una cosa non vera. Credo si sia lavorato male, mi sfugge la ratio».

I sindacati hanno espresso molta preoccupazione, anche sulle procedure di valutazione dei titoli…

«Su questo però devo dire che le procedure sono troppo lunghe. Tutto quello che è un eccesso di protezionismo non va bene. Abbiamo procedure troppo lunghe per il riconoscimento dell’equipollenza e dei titoli. Comprendo però le preoccupazioni dei sindacati, hanno ragione».

In tutti i programmi c’è il recupero delle liste di attesa. Concretamente, cosa si può fare?

«Bisogna mettere a punto un piano straordinario, che c’è già, ma va potenziato, servono risorse straordinarie, bisogna arrivare ad immaginare, se si è costretti ad andare in libera professione, che una parte della spesa per queste prestazioni sia rimborsata se il pubblico non è in grado di garantire tempi ragionevoli. Bisogna ovviamente distinguere tra accertamenti di routine e patologie urgenti. Ovviamente la scelta di rimborsare queste prestazioni può essere solo temporanea, non si può aprire le porte alla privatizzazione».

Sulla salute mentale, voi siete tra i fautori dello psicologo delle cure primarie….

«In primo luogo, noi pensiamo a un piano di rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale, di questo tema non si è occupato nessuno da vent’anni. Occorre un investimento sui dipartimenti e una presa in carico seria del disagio. Crediamo che ci debba essere la presenza dello psicologo nelle case di comunità. Secondo l’OCSE il 17% della popolazione europea soffre di problemi di salute mentale ma la spesa italiana è inferiore alla media europea del 20%. Anche il personale dipendente è nettamente inferiore allo standard. Pensiamo a un piano straordinario per la salute mentale che promuova la presa in carico e l’inclusione con aumento dei finanziamenti fino a raggiungere il 5% del Fondo sanitario nazionale. Servono centri di salute mentale fortemente radicati nelle comunità, aperti 12 ore al giorno sette giorni su sette. Da sottosegretario ho voluto la delega alla salute mentale, si terrà a Roma in ottobre grazie alla sensibilità di Speranza il Global Mental Health sotto il patrocinio OMS, segno di una attenzione vera. Da sottosegretario andai a vedere le applicazioni del budget di salute, ho visto cose che resteranno per me un patrimonio di conoscenza ed emotivo».

I vostri alleati Verdi – Sinistra italiana nel loro programma attaccano duramente le politiche sanitarie del governo Draghi. Vi imbarazza?

«Mi dispiace se non hanno capito il grandissimo lavoro che è stato fatto sulla salute. Già nel governo Conte abbiamo invertito la tendenza, Draghi non ha cambiato le politiche perché il ministro è rimasto Speranza. Capisco le loro preoccupazioni sulla spesa sanitaria futura: quel che è certo è che sulle risorse alla sanità non si può tornare indietro, non lo consentiremo».

 



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