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Freddo, i consigli anti-contagio: 45 minuti finestre aperte e occhio a cellulari


Il pediatra Farnetani: “Non è il gelo a far ammalare, al chiuso ognuno ‘inquina’ l’equivalente dell’aria di una stanza tre metri per tre”

Ragazza con l'influenza - (Foto )
Ragazza con l’influenza – (Foto 123RF)

Sarà un weekend all’insegna del gelo artico per l’Italia, annunciano i bollettini meteo, mentre si avvicinano i ‘giorni della merla’, quelli che per convenzione basata sul credo popolare sono attesi come i giorni più freddi dell’anno. Come prepararsi ad accoglierli limitando il rischio di malanni stagionali per i bambini? Lo suggerisce il pediatra Italo Farnetani che invita, fra le altre cose, a fare attenzione a sottovalutate fonti di contagio. Su tutte, una ‘insospettabile’: il telefonino.

“Con l’arrivo del freddo, previsto per il weekend di oggi e domani sono tre i consigli per i genitori. Sono semplici contromisure a cui spesso non si pensa. Anzi, talvolta si fa proprio il contrario – spiega all’Adnkronos Salute il professore ordinario di pediatria dell’Università Ludes-United Campus of Malta -. Organizziamoci invece per convivere con il freddo evitando di favorire la diffusione delle malattie”. La linea guida che deve diventare un ‘faro’ per le famiglie? “E’ che non è il freddo cioè le basse temperature a far ammalare – rassicura Farnetani -. La maggior possibilità di contagio si ha quando si sta in ambienti chiusi”. Il vero nemico, nei fatti, potremmo dunque essere noi, più che la colonnina al mercurio in discesa libera.

Da qui quelli che Farnetani definisce “tre consigli d’oro”. “Il primo è che, anche quando è molto freddo, le finestre delle stanze vanno aperte“, ribadisce. La durata giusta di ventilazione? “Almeno 45 minuti al giorno – stima il pediatra – per allontanare sia l’aria ‘riciclata’ che gli agenti infettanti. Teniamo presente che ogni persona nell’arco di una giornata attraverso la respirazione via naso-bocca utilizza – perciò ‘inquina’ – l’equivalente dell’aria contenuta in una stanza di 3 metri per 3″, calcola. “Serve pertanto aria pulita e soprattutto quella proveniente dall’ambiente esterno proprio grazie all’apertura delle finestre”. Un’operazione che consente anche di “umidificare”. Ed è importante, assicura l’esperto, perché “l’aria secca determinata dai riscaldamenti tiene in alto le particelle di polvere cariche di agenti infettivi, mentre l’area umida appesantisce le particelle di polvere e di conseguenza queste cadono al suolo e non possono essere più inspirate”.

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