sanpietro piazza ftg ipa

Io sono stato solo uno strumento. Il mandatario della Santa Sede a Londra era Gianluigi Torzi“. E’ questo uno dei passaggi chiave dell’interrogatorio di Fabrizio Tirabassi, già dipendente del reparto amministrativo della Segreteria di Stato, imputato nel processo davanti al Tribunale Vaticano per corruzione, estorsione, peculato, truffa, abuso d’ufficio relativamente alla compravendita del Palazzo londinese di Sloane Avenue, condotto dal Promotore di giustizia Alessandro Diddi che non si esaurisce con l’udienza di oggi ma continuerà il 6 giugno prossimo.

Tirabassi, interrogato da Diddi, ha sostenuto fornendo la sua versione dei fatti che “mons. Perlasca, in maniera repentina, autorizzato dal cardinale Angelo Becciu, spinse per questo affare”.

Tirabassi ha detto che fu “Raffaele Mincione a proporre l’acquisto dell’immobile come opportuno investimento. Becciu autorizzò ad andare avanti”. L’ex dipendente del reparto amministrativo della Segreteria di Stato del Vaticano ha detto che fu Enrico Crasso ad “introdurre Mincione per l’operazione fatta poi attraverso il Credit Suisse”.

Interrogato da Diddi sul motivo di un mutuo così elevato per l’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue, Tirabassi ha risposto: “Era nell’autonomia del gestore, cioè di Mincione. Io consigliai a mons. Perlasca di dare in mano tutta la situazione agli avvocati però in quel periodo la situazione era in evoluzione . C’era una combinazione favorevole con la Brexit e questo attenuava i problemi. Il Palazzo si era rivalutato. Perlasca di questo aspetto non parlò mai ai superiori”.

Il Promotore di giustizia Diddi ha fatto quindi notare che sul fondo di Londra erano state richieste delucidazioni da parte della segreteria per l’Economia attraverso il cardinale Pell. Al che, Tirabassi ha replicato che “la Segreteria di Stato non era tenuta a sottoporre” il dossier “alla valutazione della segreteria per l’Economia. Nel corso dell’interrogatorio si sono registrate parecchie frizioni tra l’accusa e la difesa con interventi del presidente del Tribunale Pignatone a ricomporre gli animi, e ad un certo punto uno dei difensori di Tirabassi, cioè l’avvocato Massimo Bassi , ha denunciato che “modalità di fare l’interrogatorio ‘for fishing’” e non pertinenti coi capi di imputazione. Tirabassi ha poi detto che “con monsignor Perlasca c’era un clima teso volto a confondere le acque”. Riguardo alle mille azioni con diritto di voto in mano a Gianluigi Torzi, Tirabassi ha detto: “Non ci rendemmo conto della diversità delle azioni. Mi dissero che servivano a Torzi come amministratore del Palazzo e anche come compenso. A questo punto Perlasca ha firmato l’accordo”.

Fonte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *