Occorrerebbe seguire le complesse dinamiche del centro politico italiano con maggiore rispetto e severità. In passato, il centro ha prodotto notevoli risultati, ma di recente ha dato l’impressione di aver perso una propria via. Nonostante gli errori e le controversie attuali, è sbagliato relegare il centro a una posizione marginale nella retorica del bipolarismo. I tentativi di dare voce a coloro che non si schierano rigidamente, cercando una posizione intermedia, meritano rispetto. La critica politica ha spesso riservato attenzioni a chi proveniva da destra o sinistra, ma ha deriso coloro che cercavano di affermarsi nel centro.
Il centro ha una legittimità che non merita di essere ridotta a un’anomalia. La sua storia, dai tempi del conte di Cavour, passando per il risorgimento e l’esperienza democristiana, rappresenta una parte significativa della politica italiana, spesso la migliore. Tuttavia, l’eredità politica dei centristi odierni è complessa e richiede di riconoscere debiti e responsabilità. Negli ultimi anni, abbiamo osservato tentativi di centrismo che, cercando di adattarsi alle mode, hanno seguito strade poco coerenti, caratterizzate da leadership personali e conflitti interni.
Per attrarre l’attenzione, il centro deve rimanere fedele a se stesso e non cercare di guadagnare credibilità emulando altri, che praticano la radicalizzazione come norma. I centristi dovrebbero evitare conflitti interni e, soprattutto, emergere più chiaramente nella politica internazionale, dove si decidono i destini del paese. Qui, le divisioni tra le due principali coalizioni rappresentano un punto debole, mentre il centro ha solidi fondamenti sull’atlantismo e l’europeismo, esprimendo credenziali proprie e storiche. È quindi incomprensibile perché le figure centriste siano rimaste silenziose su questi temi cruciali, quando è in quell’ambito che possono mostrare la loro forza e distinzione.