– L’indicazione forse più importante che emerge dall’employment report statunitense di gennaio 2024 è che il mercato del lavoro è stato nettamente più robusto di quanto atteso non solo nel primo mese del 2024 ma anche per tutta la seconda metà del 2023, il che implica che le pressioni salariali al di là dell’incremento di gennaio, come detto viziato dal fattore-meteo possano essere più persistenti nel tempo di quanto precedentemente stimato. Lo fanno notare gli economisti della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.
Secondo i dati forniti dal Bureau of Labour Statistics, a gennaio i nuovi occupati non agricoli negli Stati Uniti sono aumentati di 353 mila unità, un massimo da gennaio dello scorso anno e un dato molto più forte rispetto alle attese, mentre i dati dei mesi precedenti sono stati rivisti sensibilmente al rialzo.
“Ciò fornisce ulteriori argomentazioni alla nostra idea che la Fed possa iniziare a tagliare i tassi più tardi e, nel corso del 2024, meno di quanto atteso dai mercati. Dopo il dato, il mercato ha ulteriormente ridimensionato le attese di tagli dei tassi nei mesi primaverili, che giudicavamo troppo aggressive: ora, non è neppure più prezzato interamente un primo intervento a maggio”, scrivono gli economisti Mario Di Marcantonio e Paolo Mameli.
“Riteniamo che tuttora le aspettative di mercato sui tagli Fed rimangano troppo dovish, anche se il gap rispetto alle nostre attese si è ridotto – viene aggiunto – Vediamo ora un primo taglio da 25pb a giugno e un ribasso cumulato per un totale di 75/100 punti base nel corso di quest’anno i futures al momento prezzano tagli per 43pb entro giugno e 123pb per fine anno”.