“Me lo aspettavo tenendo conto dei decenni passati e di una linea che si è confermata anche con questa decisione. Al di là di come la si pensi sulla questione della giustizia, se deve essere una giustizia riparativa piuttosto che retributiva, o del carcere, se deve essere un carcere che riabiliti o che contenga il male, l’argomento decisivo per me è che dopo decenni, in alcuni casi mezzo secolo dai fatti, qualsiasi giustizia e qualsiasi carcere sono l’una ingiusta e l’altro irragionevole”. Lo afferma all’Adnkronos Sergio D’Elia, ex dirigente di Prima Linea, all’indomani del ‘no’ della Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello all’estradizione dei dieci ex Br arrestati nell’ambito dell’operazione Ombre rosse dell’aprile 2021.

“Al di là delle responsabilità dello Stato, che non è riuscito ad assicurare alla giustizia autori di gravi crimini o al di là della responsabilità dei singoli, che legittimamente si sottraggono al processo e al giudizio – continua – l’argomento per me decisivo è che nel corso del tempo, soprattutto se un tempo così lungo, non si porterebbe in Tribunale o in carcere la persona del delitto, ma una persona totalmente diversa da quella del delitto”.

“Il tempo muta il contesto, non ci sono più né l’emergenza terrorismo di quel tipo di matrice né la guerra a quel tipo di terrorismo. Il contesto è totalmente diverso e le persone sono diverse. Sia lo Stato italiano che il governo italiano sia i ‘nemici dello Stato’ non sono più gli stessi – ha concluso – Sarebbe puramente uno Stato della vendetta se procedesse a un giudizio e a un castigo dopo 50 anni. Le persone sarebbero, e non perché non lo siano state, responsabili di reati ma persone diverse fino a configurare, potremmo dire, un ‘errore di persona o giudiziario'”.

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