In Italia, la recente legge di Bilancio prevede la quinta rottamazione delle cartelle fiscali, mentre una tassa sugli extraprofitti si è trasformata in un contributo volontario. Inoltre, i fondi per servizi essenziali come istruzione e sanità sono insufficienti, sollevando interrogativi sulla sostenibilità del welfare sociale.
In Francia, è stata proposta una tassa annuale del 2% sul patrimonio per chi possiede oltre 100 milioni di euro, avanzata dai socialisti; tuttavia, è stata bocciata in Assemblea. Questa iniziativa nasce da una ricerca dell’EU Tax Observatory, diretta dall’economista Gabriel Zucman, che evidenzia come i più ricchi contribuiscano meno in proporzione rispetto ai redditi più bassi.
Giulia Varaschin, policy advisor dell’osservatorio, sottolinea che dopo la crisi dei mutui subprime, la crescita degli utili non distribuiti e dei redditi da capitale ha concentrato la ricchezza nelle mani di pochi. Un’imposta patrimoniale sul 5% più ricco potrebbe riequilibrare il sistema fiscale, restituendo una certa progressività.
Nonostante la proposta riguardi esclusivamente i super-ricchi, l’idea di attuare una tassa patrimoniale solleva timori per le piccole e medie imprese. Infatti, il 0,1% della popolazione, che include circa 50.000 persone, paga una percentuale di tasse molto più bassa rispetto al resto della popolazione.
In Italia, un’indagine della Scuola Superiore Sant’Anna dimostra che il sistema fiscale è regressivo, colpendo maggiormente chi ha meno. Inoltre, il patrimonio di pochi è in gran parte ereditato, e la tassa di successione è tra le più basse in Europa. Questo contribuisce a un aumento della disparità di reddito tra le generazioni.
Infine, sebbene vi siano preoccupazioni per l’esilio fiscale, studi recenti indicano che questo fenomeno ha un impatto marginale sull’economia. La discussione sulla tassazione dei super-ricchi rimane attuale e popolare tra i cittadini, suggerendo che potrebbe tornare in futuro.