Studiano di più, ma emergono di meno: le donne che decidono di intraprendere una carriera professionale nel mondo della Sanità sono tante, ma poche, se non pochissime, raggiugono posizioni apicali. Le donne autrici di articoli scientifici, editrici di riviste dello stesso settore, dirigenti di aziende farmaceutiche o di biotecnologia, redattrici di linee guida e raccomandazioni nel campo dell’anestesia e della rianimazione, solo per fare qualche esempio, non raggiungono nemmeno il 10% e in alcuni congressi internazionali il numero delle relatrici è inferiore al 5%. Stando alle ultime ricerche, condotte nel 2017, questi numeri diminuiscono ulteriormente tra le donne delle minoranze etniche.

Poche donne scelgono la specializzazione in anestesia

Sono questi solo alcuni dei dati che hanno spinto Francesca Rubulotta, direttrice dell’Unità di Terapia intensiva della McGill University di Montreal e docente senior all’Imperial College Medical School di Londra, a ideare iWIN, l’Hub per la ricerca e innovazione a livello mondiale, fondato per affrontare le questioni dell’uguaglianza di genere e per collegare gruppi internazionali che affrontano sfide simili. «Le donne iscritte alla facoltà di Medicina e chirurgia, nel 2019, erano circa l’80% del totale, ma solo 4 su dieci hanno scelto la specializzazione in anestesia. Nei Paesi dove l’anestesia rappresenta una disciplina separata rispetto alla rianimazione, la percentuale delle donne che sceglie di lavorare in terapia intensiva si avvicina al 30% del totale degli iscritti annui – spiega Rubulotta -. Nei Paesi Occidentali le modalità lavorative sono, dunque, dettate da comitati principalmente costituiti da uomini, a fronte di una cura a letto del malato fornita da medici o infermieri che sono principalmente donne. La biotecnologia, disegnata per il 68% da ingegneri uomini, è usata nel 70% da giovani donne infermiere e medici impegnati al letto del malato».

iWIN: l’hub per l’uguaglianza di genere

È per proporre soluzioni concrete che possano invertire questa tendenza che, anche quest’anno, si rinnova l’appuntamento con IWIN. Il congresso, inaugurato a Catania, proseguirà fino a sabato 25 giugno. «I valori dell’iniziativa sono racchiusi nell’acronimo “IDEAL” – spiega la professoressa Rubulotta -. La “I” indica “Innovation,” espressione del desiderio di cambiamento e di collaborazione con industrie, start-up di biotecnologia, compagnie di IT che promuovono formazione a livello internazionale e in aree in via di sviluppo. La “D” corrisponde a “Diversity”. La lettera “E” a “Equality”, non solo in ambito lavorativo ma anche nella ricerca, nella rappresentanza a congressi e nell’assegnazione di premi e borse di studio. “A” sta per “Advocacy” e indica la necessità di supporto reciproco e a formare una squadra, cosa non sempre facile per le donne. Infine, la “L” indica la Leadership, l’ispirazione per nuove generazioni a trarre esempio da altre donne che hanno raggiunto posizioni apicali».

iWIN, un po’ di storia

iWIN nasce a Barcellona nel 2017 come un gruppo di studio internazionale unito dalla “Barcelona declaration for equality and diversity”. Nel 2019 viene istituito un comitato per l’organizzazione del congresso iWIN con sede nel Mediterraneo per rafforzare il concetto che, seppur partendo dal problema delle donne, il comitato ha l’ambizione di esplorare anche le difficoltà riscontrate dalle minoranze. Nel 2020 si svolge il primo webinar diviso in tre parti: leadership, innovation e support con il patrocinio della Federazione mondiale di terapia intensiva, la Società australiana, neozelandese, canadese, spagnola e italiana di anestesia e rianimazione.

«Oggi, a pochi anni di distanza – conclude la professoressa Rubulotta – sono più di 10 le società internazionali che supportano iWIN, tra cui la European Society of Organ Transplant, la International Pan Arab Society, l’Università McGill, l’Università di Catania, la Fondazione Belisario, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Terapia Intensiva chiamata SIAARTI e altre».

 

 



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