Sto capendo solo adesso, che “Ogni prigione è un’isola” sta per uscire, perché è stato così difficile scriverlo. È difficile parlare di carcere senza essere retorici, prevedibili, compunti, seriosi o morbosi, ma alla fine, nel libro, credo di esserci riuscita.
Metto un chilometro di mani avanti: non so se riuscirò a parlarne dal vivo come vorrei, come ho fatto nel libro. Per me è più facile scrivere che parlare, è sempre stato così. Non come la mia amica Murgia che parlava esattamente come scriveva. Cercherò di portare con me tutte le volte che riesco almeno una delle persone di cui scrivo. Vedremo cosa succederà, cosa riusciremo a fare. Ma se parlandone mi emoziono e non trovo il tono giusto e sono troppo dolente, o troppo allegra, abbiate pazienza: è che ci tengo a dire le cose nel modo giusto, che è il modo migliore per dirle nel modo sbagliato.
Sul libro sono tranquilla perché non potevo essere più onesta di così e ho scritto e riscritto finché “le storie si sono infilate una dietro l’altra come le perle di una collana”, mi ha detto Daria Deflorian.
Ma il complimento più bello me lo ha fatto Sisto Rossi, che oggi è libero e che conobbi vent’anni fa a San Vittore, (Sisto sarà con me e Daria Deflorian al primo incontro, domenica 24 marzo, a Libri Come – Festa del Libro e della Lettura, all’Auditorium della Musica di Roma).
Mi ha scritto: “Ti ho letto in due mezze giornate, è stato come bere un bicchiere di acqua fresca quando hai sete”.
E io sto a posto.