Circa 27.000 salmoni d’allevamento sono fuggiti dalla costa di Troms, in Norvegia, suscitando preoccupazione tra ambientalisti e autorità. Temono impatti negativi sugli ecosistemi marini, come l’alterazione della genetica delle popolazioni selvatiche e la diffusione di malattie. Per limitare i danni, l’azienda Mowi offre 500 corone (42 euro) per ogni esemplare catturato, invitando i pescatori a contribuire alla ricattura. Gli esperti avvertono che l’incrocio tra salmoni selvatici e d’allevamento può ridurre il tasso di sopravvivenza della prole nel lungo periodo, oltre a creare competizione per le risorse alimentari.
Il Dipartimento nazionale della pesca ha definito la situazione “seria e preoccupante”, e l’incidente sarebbe avvenuto a causa di una violenta mareggiata. Il governo norvegese ha già chiuso 33 fiumi per proteggere le popolazioni autoctone di salmoni, mentre Mowi ha avviato un piano di recupero esteso. Nonostante l’emergenza, il ministro dell’ambiente ha escluso un divieto sugli allevamenti in mare aperto, ritenendoli indispensabili per l’industria ittica.
L’organizzazione Compassion in World Farming (CIWF) ha sottolineato che questo evento è solo un segno delle problematiche legate agli allevamenti intensivi. Criticano le condizioni di vita degli animali, spesso stipati in vasche sovraffollate. Negli ultimi anni, l’industria del salmone ha conosciuto una crescita notevole, diventando la principale fonte di salmone a livello globale, ma la fuga dei pesci riporta l’attenzione sulla sostenibilità e sul benessere degli animali.