Nuova fumata nera in Parlamento per l’elezione dei quattro giudici mancanti della Corte costituzionale. Con la scadenza di lunedì prossimo per la riunione della Corte sull’ammissibilità dei referendum, inclusa la richiesta di autonomia, si temono ritardi. L’ex vice presidente della Corte, Giulio Prosperetti, ha commentato che se i giudici venissero eletti giovedì, potrebbero giurare venerdì, anche se questo giorno ha connotazioni sfortunate. La verifica dei requisiti degli eletti è una formalità rapida, poiché gli aspiranti giudici sono noti.
Tuttavia, Prosperetti ha ricordato episodi che dimostrano come questa procedura non sia sempre stata così celere. Ha citato il caso di Fernanda Contri, prima donna a diventare giudice della Corte nel 1996, la cui elezione avvenne dopo un dibattito sui requisiti minimi di anzianità, risolto grazie a una legge che considerava anche gli anni come procuratore. Un altro episodio significativo riguarda Brunetto Bucciarelli Ducci, eletto nel 1977, la cui legittimità fu messa in discussione a causa della sua carriera politica e della mancanza di esperienza in Cassazione.
Prosperetti ha anche sottolineato che le origini politiche dei giudici non influenzano il loro operato. In Italia non esiste la dissenting opinion, ossia la possibilità per i giudici di esprimere dissenso nei deliberati, il che evita di mettere in evidenza le provenienze politiche dei membri. Ha affermato che interrogativi come quello della dissenting opinion, sollevati recentemente, non avrebbero potuto fare altro che favorire un’esposizione delle componenti politiche.
La discussione sull’accorpamento di più candidature per un’unica votazione ha suscitato critiche, ma Prosperetti ha ritenuto che sia un evento fisiologico e previsto fin dalla creazione della Corte nel 1956. All’epoca, era stabilito un sistema di rinnovo complesso e la norma che consentiva la votazione congiunta per più giudici era già esistente. Questa situazione evidenzia come l’inevitabile avvicendamento dei membri della Corte possa complicare ulteriormente il processo di elezione, soprattutto in un contesto politico così frammentato.