I tecnici del Ministero della Giustizia, in collaborazione con Palazzo Chigi, stanno studiando una normativa per evitare che le forze dell’ordine, quando agiscono in legittima difesa o nell’esercizio del loro dovere, vengano iscritte nel registro degli indagati. Questa iscrizione può comportare seri rischi per gli agenti, inclusa la sospensione dal servizio e ripercussioni economiche sullo stipendio.
Al momento non è ancora pronta una bozza, ma sono al vaglio diverse ipotesi per tutelare gli interessi di tutte le parti coinvolte. L’iscrizione nel registro degli indagati ha anche lo scopo di garantire i diritti della persona indagata. Si stanno considerando diverse opzioni, tra cui l’adozione di un disegno di legge specifico con via preferenziale oppure un decreto legge. Tuttavia, la misura che i tecnici stanno studiando, particolarmente complessa, non sarà inclusa nel ddl Sicurezza. Questa misura riguarda la tutela delle forze dell’ordine nel caso di uso dell’arma di ordinanza, come illustrato dal recente episodio in cui un carabiniere a Rimini ha ucciso un uomo che stava accoltellando altre persone.
Secondo fonti governative, la normativa non sarà una “scriminante”, ma piuttosto si interverrà sul codice di procedura penale. Si ipotizza di introdurre forme di non immediata iscrizione nel registro degli indagati per quegli appartenenti alle forze dell’ordine che possono dimostrare di aver utilizzato l’arma di ordinanza in circostanze chiaramente legittime.
L’intento è quello di proteggere e garantire un percorso giuridico che consenta agli agenti di operare senza il timore di ripercussioni immediate sul loro stato lavorativo e finanziario quando agiscono per proteggere la sicurezza delle persone e della comunità. L’obiettivo finale è trovare un equilibrio tra i diritti degli indagati e la necessità di proteggere le forze dell’ordine, affinché possano svolgere il loro lavoro in condizioni di sicurezza e tranquillità.