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lunedì, 10 Febbraio, 2025
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Scudo penale per agenti, Nordio spiega perché il termine è “inappropriato”

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha chiarito che il termine “scudo penale” è inappropriato. Durante un question time al Senato, ha risposto a un’interrogazione sui provvedimenti di protezione per le forze dell’ordine, sottolineando che “la legge è uguale per tutti”. Ha anche evidenziato che se un poliziotto o un carabiniere commette un reato, esiste nel codice penale un’aggravante specifica per chi agisce come pubblico ufficiale.

Nordio ha continuato, esprimendo la sua preoccupazione riguardo a una distonia presente nel sistema, che lui stesso ha denunciato nei suoi scritti. Ha lamentato che l’istituzione del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia, concepita come una protezione per chi è soggetto all’atto, si è trasformata in una forma di condanna preventiva, contribuendo a una gogna mediatica. Questo ha portato a compromissioni di cariche in corso o a danni per cariche elettive alle quali si ambisce.

Il ministro ha spiegato che è necessaria l’iscrizione nel registro degli indagati quando un carabiniere spara, poiché ha diritto a ricevere assistenza, come quella di un consulente, in caso di autopsia o perizia balistica. Tuttavia, questa iscrizione provoca un “marchio anticipato di infamia”. Per affrontare questa problematica, Nordio ha annunciato che il governo sta studiando un provvedimento che non sia uno scudo penale, ma che possa comunque garantire le necessarie protezioni senza iscrivere automaticamente le forze dell’ordine nel registro degli indagati.

Ha affermato che si tratta di un compito complesso e che questa è una proposta che risale a un’idea di circa 30 anni fa a cui si sta cercando di dare attuazione. Questa iniziativa è stata discussa alla luce delle esigenze di protezione delle forze dell’ordine e del rispetto delle garanzie legali, cercando di trovare un equilibrio tra la necessità di indagini e la tutela dei diritti degli agenti coinvolti in situazioni critiche.

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