Negli ultimi tempi, diversi Paesi nel mondo hanno visto un’esplosione di proteste guidate principalmente dalla Generazione Z, i giovani nati tra il 1997 e il 2012. Queste manifestazioni, spesso interpretate dai media come reazioni contro la corruzione e la repressione, nascondono un profondo desiderio di cambiamento di un sistema percepito come ingiusto e favorevole a una ristretta élite.
In Nepal, le recenti proteste sono emerse dopo anni di insoddisfazione per l’attuazione di un modello economico che ha beneficiato le classi alte a scapito della popolazione, con tassi di povertà significativi e disoccupazione giovanile alta. A settembre, le manifestazioni sono esplose dopo che il governo ha bloccato l’accesso ai social network. I manifestanti hanno attaccato diverse istituzioni governative, portando alle dimissioni del primo ministro.
In Indonesia, i giovani hanno protestato contro l’approvazione di leggi che aumentano i benefici per i parlamentari, mentre in un contesto di austerità e crescente militarizzazione, la risposta delle autorità è stata brutale, con migliaia di arresti e diverse vittime.
In Mongolia, le manifestazioni sono scaturite da scandali di corruzione legati alla famiglia presidenziale, spingendo alla dimissione di due presidenti in pochi mesi. Anche in Marocco, i giovani hanno protestato contro le carenze nel sistema sanitario, denunciando la spesa pubblica per eventi sportivi mentre la sanità è trascurata.
In Perù, le manifestazioni sono aumentate dopo l’approvazione di una legge sui fondi pensionistici. La situazione è degenerata con un’ondata di violenza da parte delle forze di polizia, che ha suscitato una crescente rabbia tra i giovani.
Queste proteste, pur essendo etichettate come “Gen Z”, rappresentano manifestazioni significative contro le disuguaglianze sociali e le ingiustizie sistemiche, evidenziando la necessità di un cambiamento radicale.