A volte, una semplice messaggio non risposto o un commento detto in modo freddo possono generare emozioni intense. In questi casi, non si tratta di un dramma, ma della memoria che riemerge: il corpo conserva esperienze che la mente ha dovuto mettere da parte.
Secondo la psicologa Anna Maria Sepe, fondatrice di Psicoadvisor, il nostro cervello elabora ogni giorno previsioni basate su esperienze passate. Se da bambini abbiamo vissuto assenze o affetti incerti, il nostro sistema nervoso impara a percepire queste sensazioni come pericoli. Di conseguenza, anche da adulti, reagiamo a situazioni amichevoli come se fossero minacce.
Il corpo comunica attraverso segnali chiari: respiro affannoso, tensione muscolare, stomaco contratto. Queste reazioni non rappresentano un sabotaggio, ma un allerta. Le emozioni si manifestano fisicamente: il corpo reagisce prima e la mente cerca solo in seguito di trovare una spiegazione. Questo può portarci a reagire in modo inappropriato, rispondendo non al presente, ma a un passato non elaborato.
Il cervello, essendo un organo predittivo, formula aspettative basate su memorie implicite. Se l’affetto infantile era instabile, oggi tendiamo a prevedere rifiuti o giudizi. Una semplice pausa in una conversazione può attivare reazioni di ansia, non a causa della situazione attuale, ma per timore che si ripeta un’esperienza dolorosa. Guarire significa imparare a riconoscere i segnali del corpo, comprendendo che ora siamo al sicuro.
Molti di noi portano schemi emotivi dall’infanzia, non come difetti, ma come tentativi di autoprotezione. Riconoscerli è un passo verso la guarigione. Alcuni comuni schemi includono il bisogno di compiacere, l’ipersensibilità al rifiuto e l’evitamento del conflitto. Ascoltare il corpo ci aiuta a capire che non è un nemico, ma può guidarci verso un benessere autentico.
