Beppe Grillo, nel suo blog, scrive un post intitolato “Certe idee sono false ma dovrebbero essere vere”, in cui riflette sul concetto di verità e falsità in ambito commerciale e sociale. Durante uno scontro con il presidente del M5S, Giuseppe Conte, Grillo racconta di aver assistito a una scena in farmacia: una signora acquista una crema anti-vecchiaia per 70 euro, che equivale a 1.400 euro al litro. Grillo usa questa esperienza per sottolineare quanto sia facile credere a cose incredibili, come l’esistenza di una crema anti-invecchiamento e, per estensione, a idee altrettanto stravaganti come la teoria della Terra Piatta.
Grillo mette in evidenza il potere del marketing, utilizzando come esempio l’Aloe Vera. Secondo lui, il termine “Vera” nel nome di un prodotto crea un’illusione di autenticità e efficacia, portando la gente a credere in qualcosa che, in realtà, potrebbe non avere fondamento. La parola “Vera” diventa quindi una trappola: se una cosa si presenta con il termine ‘Vera’, automaticamente la sua efficacia non può apparire falsa agli occhi dei consumatori. Grillo sostiene che la credenza nell’Aloe è infondata, ma il fatto che venga definita “Vera” le conferisce una sorta di credibilità, trasformando la percezione dell’acquirente.
Grillo ironizza ulteriormente sulla faccenda, riflettendo sulla contraddizione di un prodotto che si presenta come ‘Vero’ ma il cui nome potrebbe essere ingannevole. Si chiede dov’è la “falsa” Aloe, dal momento che la gente si lascia convincere dal branding, quasi come se avesse dentro di sé una sorta di “terrapiattina,” ovvero una piccola convinzione senza fondamento. In chiusura, Grillo ispira una riflessione più profonda sulla nostra predisposizione a credere in cose ingannevoli e sull’importanza di interrogarsi criticamente sulle informazioni che ci vengono presentate. La sua conclusione è provocatoria: sarebbe meglio che i prodotti non contenessero appellativi fuorvianti come “Vera”, lasciando gli acquirenti con la verità nuda e cruda dei fatti.