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Perché il cane è realmente amico dell’uomo: la ricerca

Il 11 settembre 2024, uno studio cinese pubblicato su ‘Advanced Science’ ha messo in evidenza la profonda connessione che si instaura tra uomo e cane durante le interazioni sociali. Quando i due si guardano negli occhi, le loro onde cerebrali si sincronizzano, dimostrando che i cervelli di entrambe le specie reagiscono in modo simile durante momenti di affetto e attenzione. Questo fenomeno di sincronizzazione si verifica in due aree specifiche del cervello: la regione frontale, coinvolta nel guardarsi negli occhi, e la regione parietale, che si attiva durante le carezze. A mano a mano che la familiarità tra uomo e cane aumenta nel tempo, la forza di questa sincronizzazione cresce, evidenziando una dinamica nella relazione, dove l’uomo assume il ruolo di leader e il cane quello di seguace.

Tuttavia, lo studio ha anche osservato che nei cani portatori di specifiche mutazioni genetiche, che richiamano sintomi simili a quelli dell’autismo, questa sincronizzazione va perduta. Questi cani dimostrano una ridotta attenzione durante le interazioni con le persone, suggerendo delle anomalie nel loro comportamento sociale. I ricercatori hanno scoperto che tali anomalie sono reversibili attraverso un trattamento con LSD, una sostanza psichedelica che, in altre ricerche, è stata indicata come potenziale terapia per manifestazioni autistiche.

Yong Q. Zhang, autore principale dello studio, ha individuato due importanti implicazioni della ricerca: da un lato, la sincronizzazione inter-cerebrale interrotta potrebbe fungere da biomarcatore per l’identificazione dell’autismo, dall’altro lato l’LSD o i suoi derivati potrebbero avere un ruolo nel migliorare i sintomi sociali legati a questo disturbo. La scoperta suggerisce un possibile legame tra la neurologia degli animali e degli esseri umani, aprendo nuove strade nella comprensione delle interazioni sociali e delle potenziali terapie per condizioni come l’autismo. Questo studio sottolinea l’importanza delle relazioni uomo-cane non solo per il benessere emotivo, ma anche per le sue implicazioni cliniche nella ricerca sull’autismo.

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