L’accademico professor Lorenzo Coveri dà anche le pagelle: Angelina Mango e i Negramaro promossi con 9 su 10
“Non c’è dubbio che la quinquennale ‘cura Amadeus’, con largo spazio a stili musicali e a protagonisti più giovani, abbia dato i suoi effetti anche sul linguaggio delle canzoni, oggi sempre più medio e vicino al parlato quotidiano”. L’osservazione sul Festival di Sanremo arriva da Lorenzo Coveri, già professore ordinario di Linguistica italiana nell’Università di Genova e membro dell’Accademia della Crusca, tra i massimi studiosi della lingua della canzone italiana.
Impegnato a commentare i testi della kermesse canora, il professor Coveri dà anche le ‘pagelle’ ai testi esaminati: nel gioco linguistico dell’accademico le canzoni di Angelina Mango e dei Negramaro conquistano il voto massimo di 9/10; vengono promossi con 8 Dargen D’Amico Diodato, Fiorella Mannoia (“per quanto un po’ predicatoria”), Gazzelle e Ghali.
Su 30 canzoni in gara a Sanremo, la parola “amore” è sempre in testa con 13 occorrenze, seguita, a distanza, da “vita” (8 occorrenze), “cuore” e “mondo” (7), “giorno” e “notte” (4), a meno che non si includa nel computo anche le numerose ripetizioni di ‘boom’ nella canzone di Rose Villain, ma in questo la classifica risulterebbe falsata. Eppure, segnala il professore Coveri, intervistato dall’Adnkronos, si registrano novità linguistiche nella struttura dei testi, come l’uso sempre più frequente, ad esempio, della cosiddetta ‘dislocazione’ e del ‘che’ polivalente, “anche se persistono forme della tradizionale grammatica canzonettistica (per esempio monosillabi e parole tronche in rima, inversioni lessicali, eccetera)”.
Se non ci sono particolari novità lessicali nelle canzoni presentate all’edizione 2024, “forse il testo che ne contiene di più” è quello di Mahmood, “Tuta gold” (la parola ‘tuta’ era stata usata finora solo una volta, in una canzone degli Almamegretta del 2013), che presenta parole del gergo giovanile (fumare, fra ‘fratello’), parole “basse” (fottere), molti anglicismi, in gran parte di routine (moonlight, night, fake, rave, blu jeans, bitch – nel gergo trap ‘ragazza’, propriamente ‘prostituta’ – jeep, gold, baby)”. “Ma non tutte parole sono nuove”, osserva Coveri.
Se c’è volontà di provocazione, spiega l’accademico della Crusca, “la possiamo trovare soprattutto nei gruppi che si richiamano al punk, come i goliardici toscani Bnkr44 (“mi pettino con una calibro 9”) o gli emo punk de La Sad (“un angelo sui tacchi col diavolo negli occhi”). Ma non si sa quanto queste ‘provocazioni’ siano sincere o fatte per lo show. E i ‘disfemismi’ che si trovano un po’ in tutti i testi (ossia le ‘parolacce’) come ‘casino’, ‘fanculo’ eccetera sono ormai detabuizzate, perché parte del parlato di tutti i giorni”.
Il rap (e la trap) che arriva a Sanremo e quindi “entra nel ‘mainstream’ è per forza di cose annacquato e rinuncia a certi temi più crudi (sesso, droga, denaro) – sottolinea il linguista Lorenzo Coveri – Semmai vorrei segnalare il rap in dialetto (un dialetto giovanile e contemporaneo: le polemiche, anche feroci sui social, su un presunto ‘tradimento’ della tradizione partenopea sono prive di senso) di Emanuele Palumbo alias Geolier: è significativo che un giovane metta un elemento storico come il dialetto a confronto con le forme più nuove di espressione artistica”.
Precisando di “rispettare il lavoro di tutti, autori e cantanti: quello di dare ‘pagelle’ è solo un gioco, tanto più che manca, per il giudizio, la musica e l’interpretazione (con l’orchestra)”, Lorenzo Coveri conclude che i testi ‘bocciati’ “sono quelli che mi hanno detto poco o niente dal punto di vista della originalità linguistica”. Le sue valutazioni si possono leggere su “Mentelocale Web Magazine” e sul profilo Instagram dell’Accademia della Crusca. Tra i voti più bassi figurano con 4 Il Tre, Il Volo e Fred De Palma. Ottengono un voto appena non sufficiente (5) Clara, Alessandra Amoroso e Maninni.
(di Paolo Martini)