«Sull’odontoiatria c’è un gruppo tecnico al ministero della Salute i cui lavori ricominceranno a breve. C’è bisogno di risposte ma le risorse sono contingentate». Parola di Carlo Ghirlanda, Presidente di ANDI – Associazione Nazionale Dentisti Italiani, che a Sanità Informazione parla dello stato del settore dopo la lunga parentesi Covid che ha registrato un inevitabile calo nelle visite dovuto anche al rischio contagio.
«La nostra attività è in qualche modo legata all’andamento dell’economia – spiega Ghirlanda -. Dopo il Covid c’è stata la guerra e il caro energia e purtroppo siamo sempre un po’ in crisi di domanda. Quello che sta avvenendo è che i pazienti stanno rimandando i controlli dentistici tra una prevenzione e l’altra. Il risultato è che pur registrando negli ultimi mesi un aumento degli accessi, molte persone ancora non vanno dal dentista o ci vanno troppo tardi. Ci vanno solo quando c’è un’urgenza».
Si tratta di un fenomeno che per il presidente ANDI può avere risvolti negativi in termini di salute. «In questo modo per un ascesso dentale si ricorre automaticamente all’antibiotico, senza andare alla radice del problema. E sappiamo che l’uso frequente di antibiotici apre la strada verso l’antibiotico resistenza».
Il nodo resta dunque quello di aumentare l’accesso alle cure odontoiatrica a una fascia di popolazione sempre più ampia. Una sfida difficile considerando che i poveri assoluti nel nostro Paese crescono di anno in anno con ben 390 mila individui in condizioni di povertà sanitaria secondo l’ultimo report del Banco Farmaceutico.
«Bisogna fare i conti con le risorse a disposizione – spiega Ghirlanda -. Noi stiamo chiedendo una revisione dei Livelli Essenziali di Assistenza per capire come si può creare un rapporto sussidiario pubblico-privato all’interno del quale il privato possa dare una mano al pubblico per quanto riguarda alcune prestazioni».
«L’odontoiatria è una disciplina di prossimità – ricorda il presidente ANDI -. La bocca è fatta da 32 denti, 32 elementi diversi e ha una gestione delle sue patologie che richiede tempo e un rapporto di fiducia stretto tra chi cura e chi si sottopone alle cure. Per questo ci sono circa 60mila studi odontoiatrici ognuno dei quali è attrezzato per compiere tutte le operazioni che servono, con una inevitabile ricaduta sui costi».
Per avere, però, una odontoiatria più accessibile servono risorse che al momento non ci sono. L’ipotesi di un bonus dentistico sul modello del bonus psicologo non sembra praticabile «perché le patologie dei denti sono diverse e non c’è un’unica prestazione cui fare riferimento» spiega.
Sarà dunque compito della politica capire se c’è spazio per un intervento dello Stato sulle cure odontoiatriche. «Il governo si è appena insediato, si sta occupando di cose più importanti, non ha avuto il tempo necessario per poter mettersi seduto e studiare l’argomento. C’è una buona interlocuzione con il ministero della Salute. Con alcuni partiti c’è una sensibilità maggiore, con altri meno. Staremo a vedere, noi siamo a disposizione per un confronto» conclude il presidente ANDI.