Un recente studio della Northwestern University ha rivelato il potenziale di un composto microbico naturale nel rallentare la vitiligine e favorire la ripigmentazione della pelle. La vitiligine, una malattia autoimmune cronica che causa la perdita della pigmentazione cutanea, interessa tra lo 0,5% e il 2% della popolazione globale, con impatti estetici e psicologici significativi. La malattia si manifesta attraverso macchie bianche prive di melanina, frequentemente esposte al sole, e può colpire anche mucose e retina.
Le cause della vitiligine sono in parte sconosciute, ma si ritiene che derivino da una combinazione di fattori genetici, ambientali e immunitari; il sistema immunitario attacca i melanociti, causando la loro distruzione. La predisposizione genetica gioca un ruolo significativo, insieme a fattori scatenanti come stress, traumi cutanei e alterazioni del microbiota intestinale.
Oltre agli effetti fisici, la vitiligine ha un forte impatto emotivo, portando a ansia, insicurezza e isolamento sociale. Le attuali terapie, come corticosteroidi e fototerapia, mostrano risultati variabili, e il trapianto di melanociti risulta complesso. Nel 2022, la FDA ha approvato Ruxolitinib (Opzelura), ma i risultati restano limitati.
La nuova scoperta della Northwestern University, pubblicata sul Journal of Investigative Dermatology, ha dimostrato che il composto naturale, testato su topi predisposti, ha ridotto la perdita di pigmentazione del 74%. Questo composto potrebbe ridurre i linfociti T citotossici e aumentare le cellule T regolatorie, lasciando intravedere nuove prospettive terapeutiche per i pazienti non rispondenti alle attuali cure. L’obiettivo futuro è sviluppare formulazioni adatte all’uso umano.