Il presidente della Fondazione: “Con istituzioni per obiettivo chiaro di 500 mila nuovi nati entro il 2033”
In Italia, “chi non vuole figli è libero di non farli, ma chi li vuole, oggi, tenendo presente che è la seconda causa di povertà, non è libero di farli. Questo è un grande problema” per questo servono una “cultura e una fiscalità a misura di famiglia”. Lo ha detto Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, intervenuto oggi, a Bologna, al primo incontro degli Stati Generali della Natalità, una serie di convegni promossi dalla Fondazione, in collaborazione con l’Associazione Bologna Bene Comune. In programma ci sono già altre tappe a Palermo a metà ottobre, a Roma il 15 novembre, a Milano a dicembre e un’ultima a Venezia. “Questi incontri – continua De Palo – servono a darci una rotta per vincere la battaglia della denatalità. L’obiettivo delle 500 mila nascite entro il 2033 non l’abbiamo proposto noi, ma l’Istat. È un tema che accomuna tutti perché, se non ripartono le nascite, l’Italia rischia veramente”.
Dal palco di Bologna c’è una mano tesa per fare squadra tra governo, Parlamento, maggioranza opposizione, istituzioni e imprese per una partita che deciderà il futuro del Paese. “Il rischio grande – ha continuato De Palo – è quello di perdere questa partita. E allora siamo qui per ragionare, per parlarne, perché ciascuno deve fare il suo pezzetto e se tutti fanno il proprio, anche a livello istituzionale, le cose possono cambiare: non è un destino ineluttabile”.
La condizione per invertire la tendenza, secondo De Palo è “darsi un obiettivo, perché – ha sottolineato – se non ti dai un obiettivo è difficile raggiungerlo. Se non raggiungiamo i 500 mila nati nel 2033 molto probabilmente crollerà tutto il sistema paese. Bisogna creare le condizioni perché ciò avvenga. In Italia oggi la nascita di un figlio è la seconda causa di povertà. Noi dobbiamo creare delle condizioni, anche fiscali, in modo tale che fare famiglia, fare un figlio non sia più penalizzante. Oggi si pagano le tasse in base non alla composizione familiare, ma in base al reddito. Si parla tanto di quoziente familiare, chiamiamolo come vogliamo, ma facciamolo, così come poi tutta un’altra serie di servizi e di strumenti che possono essere sicuramente gli asili nido, i congedi parentali. Ma prima di tutto ci devono essere necessariamente le fondamenta che sono appunto – ha concluso – una fiscalità a dimensione familiare e un ragionamento culturale”.