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Morto Paul Alexander, l’uomo che ha vissuto più a lungo dentro un polmone d’acciaio


Lo scorso 11 marzo è morto all’età di 78 anni Paul Alexander, l’uomo che per più tempo ha vissuto all’interno di un polmone d’acciaio, dopo essere sopravvissuto ad una delle ultime epidemie di poliomielite degli Stati Uniti.

Per oltre 70 anni è rimasto imprigionato nella sua personalissima prigione di ferro, che seppur l’obbligava a rimanere costantemente a letto quasi 24 ore al giorno gli consentiva anche di vivere. Paul aveva solo 8 anni quando si ammalò gravemente, passando diversi mesi in ospedale e rimanendo paralitico, ed ha trascorso così tanto tempo all’interno del polmone d’acciaio che aveva sviluppato un nuovo modo di respirare.

Divenuto simbolo del progresso scientifico, il suo fu uno degli ultimi casi in cui i medici furono costretti ad utilizzare un respiratore artificiale, che usasse l’espansione indotta della gabbia toracica tramite pressione negativa. Questo macchinario veniva utilizzato su tutti quei soggetti che presentavano severi problemi di respirazione ed era molto in voga negli ospedali degli Stati Uniti e dell’Europa, ai tempi in cui i vaccini non erano molto diffusi.

La vita all’interno di questi respiratori era terribile, soprattutto quando i pazienti dovevano essere ventilati con una maschera d’ossigeno mentre gli operatori sistemavano qualcosa che non andava. Proprio per questo, durante la scorsa pandemia, Paul Alexander aveva caricato sui social alcuni messaggi a favore dei vaccini, in cui invitava l’intera cittadinanza americana ad accorrere nei centri vaccinali, per non rischiare di soffrire come lui.

Paradossalmente, è morto proprio a seguito di alcune complicanze dovute al Covid, dopo aver svolto una vita molto affascinante, dove con determinazione ha raggiunto molti obiettivi. A 21 anni, per esempio, riuscì infatti a diplomarsi con ottimi voti in una scuola superiore di Dallas, divenendo il primo essere umano a farlo senza poter frequentare fisicamente la scuola. Nel 1978 e nel 1984 riuscì anche a prendersi due lauree, prima di prestare giuramento come avvocato nel 1986.

Contemporaneamente, è stato anche uno dei primi malati cardiopolmonari ad apprendere un particolare metodo di respirazione, che gli consentiva di respirare autonomamente per qualche ora al giorno lontano dalle macchine. Per studiare, invece, decise di apprendere un metodo di memorizzazione, che gli consentisse di ricordare tutti i dati forniti a scuola e all’università, senza l’aiuto della scrittura o la possibilità di usare un computer.

Negli ultimi tempi aveva anche scritto un libro, usando una cannuccia con cui riusciva a battere i tasti di un portatile. Uscito nell’aprile del 2020, il libro si intitola Three Minutes for a Dog ed è considerato dai suoi medici e dai suoi pochi parenti rimasti come il suo testamento letterario. Secondo il Guardian, Alexander ha lavorato per oltre otto anni per scriverlo.

Nel corso delle ultime ore, il fratello di Paul, contattato dai giornalisti di tutto il mondo, ha ringraziato tutti coloro che hanno mandato messaggi di cordoglio alla famiglia o che stanno ricordando la sua triste vicenda acquistando il suo libro, il cui compenso andrà in parte ad un’associazione no profit. “Sono molto grato a tutti coloro che hanno donato per la raccolta fondi di mio fratello. Gli ha permesso di vivere i suoi ultimi anni senza dolore e senza stress. Inoltre, i fondi che ci state donando serviranno a pagare il suo funerale in questo momento difficile. È assolutamente incredibile leggere tutti i commenti e sapere che così tante persone sono state ispirate da Paul. Sono così grato”.

I vaccini contro la poliomielite oggi hanno permesso all’Africa di sbarazzarsi di questa pericolosa malattia, debellata anche in Europa e in buona parte dell’America settentrionale.

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