“Non so cosa passi nella mente di Matteo Messina Denaro, ma so che se parlasse potrebbe aprire squarci di tante verità avvolte nella nebbia”. A parlare, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, è il Procuratore generale facente funzione di Caltanissetta, Antonino Patti. Che dopodomani rappresenterà l’accusa nel processo d’appello che vede imputato proprio l’ex latitante, accusato delle stragi del 1992. In primo grado Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo. “L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore”, aveva detto Patti nella requisitoria, prima di chiedere la conferma dell’ergastolo. La sentenza è prevista entro poche settimane “Apparentemente verrebbe da dire che non collaborerà, è uno puro e duro dell’organizzazione mafiosa – dice Patti -è una figura paragonabile a quella del boss Giuseppe Graviano. Però, c’è il fattore malattia. Quindi, se da un lato, istintivamente mi verrebbe da ipotizzare che non collaborerà, dall’altro lato potrebbe parlare perché malato grave. Una sua eventuale collaborazione sarebbe addirittura ancora più importante della sua stessa cattura, proprio perché, come dicevo, potrebbe aprire squarci di tante situazione nebulose”.
Il Procuratore generale ricorda poi la figura di Messina Denaro: “Già da quando aveva 25 anni era considerato il successore di Riina, voglio ricordare che lui, da giovanissimo, nell’epoca in cui Totò Riina trascorreva la latitanza tra Mazara del Vallo e Marsala, Messina Denaro era stato preso sotto l’ala protettiva di Riina. Io nella requisitoria ho usato la parola ‘stage’, perché per quattro anni e mezzo è stato una sorta di ‘stagista’ di Riina. E non lo diciamo noi, ma lo ammette lo stesso Riina nelle intercettazioni del carcere di Opera a Milano. Disse che per quasi 5 anni Messina Denaro, ancora molto giovane, ebbe come maestro proprio Riina che era ben contento di questo allievo. Salvo il fatto che poi lo ‘scomunicò’ perché si sentì deluso. Secondo Riina Messina Denaro era stato ‘egoista’ ad occuparsi degli affari propri e poco di Cosa nostra, intesi come sodali. Il boss non ha interloquito molto con altri sodali, cosa che facevano, invece, Riina e Provenzano”.
Poi, il magistrato, parla delle prime mosse da boss di Messina Denaro, già da prima che morisse il padre, il boss mafioso Francesco Messina Denaro. “Non è che Messina Denaro padre temeva di perdere il potere – spiega – anzi, era lieto che mentre era ancora in vita, vedesse il figlio succedergli nel ruolo di rappresentante provinciale di Cosa nostra. In quel momento, per volontà del padre di Messina Denaro, siamo intorno all’89-90, cioè prima delle stragi, Messina Denaro diventò il referente provinciale di Trapani, non perché il padre era moribondo. Il padre non aveva motivo di impedire la scalata del figlio, anzi poteva esserne ben lieto che stesse ai vertici”.
‘Al momento non ho notizie di revoche, potrebbe partecipare in videoconferenza’
Parlando dell’arresto dell’ormai ex primula rossa, il Procuratore generale Antonino Patti dice: “Dietro quella cattura c’è un lavoro importante da parte dei carabinieri, è stato un arresto un po’ dimesso, lui non ha fatto resistenza, forse viene da pensare che Messina Denaro non ha neppure provato a opporre resistenza perché fiaccato dalla malattia”. Intanto, si attende il prossimo 19 gennaio per quella che potrebbe essere la prima apparizione di Messina Denaro detenuto in un’aula di giustizia, o quantomeno in videocollegamento.
“Per ora non ho notizie di revoche – dice Patti – in ogni caso si può disporre la videoconferenza, dunque gli sarà garantito il diritto alla partecipazione all’udienza, sempre se vorrò farlo…”. (di Elvira Terranova)