Dopo la notizia della guarigione di Beata Halassy, virologa che si è curata un tumore grazie all’autosperimentazione con la viroterapia oncolitica, è emerso un intenso dibattito medico. Matteo Bassetti, infettivologo, ha criticato Halassy definendo la sua pratica “l’esatto contrario della medicina”. In un post su X, Bassetti ha descritto come Halassy abbia iniettato virus di morbillo e stomatite vescicolare direttamente nel tumore, un approccio che ha sollevato preoccupazioni etiche.
Bassetti ha spiegato che Halassy ha condotto la terapia sotto sorveglianza di oncologi per due mesi, durante i quali il tumore si è ridotto, permettendo così una più facile rimozione chirurgica e senza effetti collaterali significativi. Tuttavia, l’infettivologo ha messo in luce l’importanza di un dibattito critico riguardo ai rischi e alle implicazioni dell’autosperimentazione, commentando che vi sono stati storicamente medici che l’hanno praticata. Nonostante ciò, ha sottolineato che l’autosperimentazione rappresenta una forma di aneddotica, contraria alla medicina basata sull’evidenza.
Bassetti ha ricordato che questa pratica, storicamente giustificata dall’idea di “non fare agli altri quello che non faresti a te”, è stata spesso utilizzata come una scusa per azioni che potevano anche nascere da comode scelte personali. Ha evidenziato come negli ultimi anni ci sia stata una svolta nella medicina, con un incremento delle statistiche e dei metodi scientifici, che hanno cambiato il panorama etico, rendendolo meno spregiudicato.
In conclusione, Bassetti ha affermato che l’era dell’autosperimentazione dovrebbe già essere finita, auspicando un approccio più rigoroso e etico nella medicina moderna. La vicenda di Halassy, pur avendo sollevato questioni interessanti, mette in luce il confine tra ricerca innovativa e pratica medica accettabile, rimarcando l’importanza di seguire protocolli ben definiti per garantire la sicurezza e l’efficacia dei trattamenti.