‘Ora accade il contrario ma è necessario cambio di paradigma per migliorare qualità vita pazienti’
“Si può fare moltissimo per migliorare la qualità della vita delle persone con malattie ematologiche rare partendo, soprattutto, dal non considerarle ‘malate’. È per questo che mi piace molto il progetto di Sobi ‘Blood Inclusivity’, che ribalta il punto di vista. Ossia mettere in luce quello che accomuna e non quello che divide. Credo che questo approccio sia quello che dovrebbe essere usato per tutte le malattie rare, per evitare di creare isolazionismo ed esclusione, invece che esclusività”. Così Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo – Federazione italiana malattie rare, a margine dell’appuntamento di Sobi dedicato all’inclusione e alla possibilità per le persone con malattie ematologiche rare di avere un’elevata qualità della vita. L’evento – che si è tenuto ieri a Milano – fa parte del progetto ‘Let’s Talk’ di Sobi, lanciato lo scorso ottobre per approfondire argomenti di attualità e prospettive inesplorate nel contesto delle malattie rare.
Un altro elemento emerso dal dibattito è l’importanza di lanciare un messaggio positivo alle persone con una malattia ematologica rara o poco conosciuta. La ricerca scientifica sta facendo enormi progressi. Oltre a quelli raggiunti, si stanno affacciando nuovi trattamenti, in grado di assicurare una qualità di vita sempre migliore.
A frenare una più ampia inclusione è per Scopinaro il fatto che “non si pone la persona al centro di ogni discorso. Noi vediamo la malattia e non la persona. Quello che dobbiamo fare è un cambio di prospettiva, solo in questo modo riusciremo a considerare la patologia una delle caratteristiche della persona, non la sua caratteristica principale”, conclude.