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mercoledì, 22 Gennaio, 2025
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M5S, Di Battista contro Grillo

Alessandro Di Battista, ospite di ‘Accordi e disaccordi’, commenta l’evoluzione del Movimento 5 Stelle, lamentando che oggi il suo fondatore, Beppe Grillo, è percepito come un “padre e padrone”. Di Battista ricorda un momento in cui, durante gli Stati generali, si tentò di nascondere il suo successo, che ha portato a tensioni all’interno del movimento. Sottolinea che l’ipocrisia è sempre stata presente, citando l’episodio in cui molti volevano ritardare il voto sul governo Draghi, per cui lui avrebbe convinto molti a votare contro. Di Battista, ex membro di spicco del M5S, afferma di essere stato avvertito da tempo riguardo alla perdita di consensi del movimento e afferma di camminare a testa alta, poiché ritiene di avere ragione.

Riguardo alla sua relazione con Grillo, Di Battista chiarisce che non hanno contatti da tempo e non è stato avvicinato per formare un nuovo partito. Ritiene che Grillo non avvierà un nuovo movimento e se decidesse di tornare attivamente in politica, lo farebbe con un gruppo nuovo. Attualmente è impegnato con “Schierarsi”, un’iniziativa che considera utile. Quando gli si chiede del suo eventuale voto al M5S, spiega di avere difficoltà a votare per il Movimento se coalizzato con il Partito Democratico, ma la decisione dipenderebbe dalle proposte e dalla campagna elettorale.

Di Battista presenta critiche verso le scelte del Movimento, ricordando come, al governo, avesse votato il primo pacchetto di armi per l’Ucraina, evidenziando che, nonostante combatta battaglie importanti, non dimentica il suo passato. Sostiene che le migliori realizzazioni del M5S siano state quando erano al governo con la Lega, nonostante queste non fossero dovute alla Lega stessa, ma alla forza del Movimento. Anche se non era contrario al governo con il Partito Democratico, rimarca che, sotto Draghi, il M5S era in una posizione di minoranza. Infine, Di Battista avverte che, se il Movimento 5 Stelle avesse mantenuto la sua rotta iniziale negli ultimi anni, avrebbe avuto maggior consenso, e identifica il governo Draghi come un punto di crisi per il movimento.

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