lunedì, Ottobre 7, 2024
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Lo scheletro-robot per tornare a camminare: "Che emozione rialzarsi in piedi"


I racconti di chi ha testato Twin, che trasferisce l’energia per permettere di camminare

Il paziente con esoscheletro
Il paziente con esoscheletro

Alex Santucci, 49 anni di Bologna, e Davide Costi, 47 di Maranello, hanno un’avventura in comune. Li chiamano ‘piloti’. “Piloti di esoscheletro”. Sono fra i primi pazienti con una lesione midollare – Alex incompleta e Davide completa – ad aver sperimentato quello che è stato definito un robot indossabile: Twin, ‘creatura’ di Inail e Iit (Istituto italiano di tecnologia) presentata oggi a Milano, esoscheletro motorizzato per arti inferiori, in grado di trasferire a persone con capacità motoria ridotta o assente l’energia che permette loro di alzarsi e camminare con l’ausilio di stampelle o deambulatori. Il contributo che hanno offerto è stato definito dai tecnici “fondamentale. Senza di loro – si sono spinti a dire – sarebbe stato un esercizio bellissimo, ma inutile”. L’esoscheletro, oggi alla sua seconda versione, “è come un vestito che si adatta piano piano”, spiegano i pazienti all’Adnkronos Salute, al termine della dimostrazione di funzionamento che hanno offerto oggi al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci.

“Un’emozione ogni volta che ci salti dentro”, sorride Alex. Che tipo di emozione? “La stessa – cerca di descrivere Davide – che prova un bambino quando comincia a camminare da zero. Noi non la ricordiamo più, ma è anche quella caparbietà del bimbo che cade e si rialza, e ci riprova finché non ci riesce, perché la volontà di camminare è più forte di tutti gli altri ostacoli”. All’inizio, continua Davide, “c’è un po’ di paura perché devi imparare a conoscere la macchina, ti devi fidare di lei, devi capire come funziona. E’ sempre un ‘fidanzamento’ uomo-macchina. Bisogna cominciare a frequentarsi e a piacersi”, ride. “Poi facendo un uso periodico e costante nel tempo diventa appunto come un vestito. Quando ho cominciato a usare l’esoscheletro facevo più fatica a camminare, adesso è una cosa che mi viene molto più spontanea. Se prima il problema ero io che mi stancavo, ora nelle ultime sessioni è l’esoscheletro che scarica le batterie”.

Sia per Davide che Alex lo spartiacque è stato un incidente stradale. “Era fine agosto 2020 – ripercorre Alex – il giorno dopo sarei partito per le ferie all’isola d’Elba. Quell’incidente mi ha portato una tetraplegia, una lesione incompleta. E all’inizio è stata dura fisicamente e psicologicamente. Le gambe non rispondevano e la sensazione di non poter ricominciare a camminare era veramente brutta. Ho fatto i primi 2 mesi bloccato a letto e verso il terzo mese ho iniziato a usare l’esoscheletro”.

Alex è stato selezionato per la sperimentazione avanzata di esoscheletri della serie Twin “Dopo i primi 10 passi si è acceso qualcosa a livello mentale. Da 10 i passi sono diventati 20, poi 30 e così via. Giorno dopo giorno le aspettative miglioravano sempre di più, le prime sedute facevo 4-5-10 metri con tanto dolore, poi siamo arrivati a fare mezz’ora o fino a 40 minuti di cammino”.

Alex individua tre punti fondamentali: “Il primo è l’ausilio dell’esoscheletro – elenca in un video proiettato oggi – il secondo sono fisioterapisti, collaboratori, tecnici e tutte le persone che seguono questi progetti e il terzo, non meno importante è la testa. E’ questa che ci dà la forza per continuare”. Alex lavora in una ditta che controlla e gestisce impianti idraulici di realtà pubbliche e private, la fisioterapia l’ha fatta in uno dei centri coinvolti nel progetto, il Montecatone Rehabilitation Institute di Imola. Poi l’esocscheletro mi ha fatto fare un bel progresso Questa cosa è nata come un gioco, inizialmente, ed è diventata una sfida verso di me. E’ stato un crescendo che continua ancora oggi e adesso la sfida è di continuare a migliorare quello che è lui, l’esoscheletro”.

“Per me – prosegue Alex – ha significato potermi rialzare in piedi e migliorare il mio modo di vivere. Fisicamente mi ha aiutato tantissimo. E poi ha significato tornare a guardare le persone negli occhi, alla stessa altezza. Questo cambia anche come gli altri si rapportano a te. Stando su una sedia a rotelle si vede il mondo in un’altra maniera, idem le persone. Il mio input al progetto sono state le sensazioni personali che avevo nella macchina, sia di equilibrio che di miglioramento anche fisico. Stiamo lavorando su tante cose”. Uno dei suggerimenti per esempio è stato di rendere più agevole il passaggio delle stampelle durante la deambulazione. “Oggi – dice Alex – io continuo la mia battaglia per convincere chi ho attorno che l’esoscheletro come forma di riabilitazione incide tanto sul recupero sia fisico che mentale. Fa veramente tantissimo”.

Sensazioni condivise con Davide, che di mestiere fa l’ingegnere meccanico, è un progettista. Moglie fisioterapista e due figlie, un incidente in moto mentre andava al lavoro 9 anni fa (era 38enne) gli ha provocato una lesione midollare completa. “Ma già quando ero ricoverato in ospedale avevo sempre l’idea di voler tornare in qualche modo a camminare. Non sapevo quando e come, ma la mia motivazione era quella. Poi ho saputo tramite l’Inail che c’era la possibilità di partecipare a questo progetto dell’esoscheletro, e mi sono offerto come volontario perché credo molto nel potenziale riabilitativo. Oltre al beneficio dello stare in piedi c’è un beneficio a 360 gradi nella vita, anche sociale. Ovvio, non è un dispositivo con cui si va a fare la spesa o in macchina o in giro quotidianamente. Ma è sempre un primo passo, un gradino che ti porta verso una condizione il più possibile simile a quella che c’era prima. E di passi avanti ce ne saranno altri. Sono convinto che la ricerca arriverà in tempi relativamente brevi a far camminare un po’ tutte le persone”.

Sono orgoglioso di essere stato uno dei primi a provarlo e poter essere magari di aiuto o di stimolo anche ad altri che lo potranno utilizzare in futuro”, spera Davide. Il suo approccio all’esoscheletro è anche un po’ ‘ingegneristico’. “Vista la mia professione facevo tante domande durante le sessioni, ho sempre fatto tante domande su informazioni un po’ più tecniche. Ora è anche sfidante chiedere alla macchina sempre di più, vedere dove è il suo limite, dove può arrivare e tu con lei. Per esempio all’inizio facevamo solo tratti in piano, ora anche in leggera salita e discesa, poi le curve. E’ una scoperta continua, prendi confidenza e ogni volta osi sempre un po’ di più”.

“Per me – conclude – l’asticella si può ancora alzare. Tutta la mia famiglia mi ha sempre supportato in questo percorso e io so dove voglio arrivare. Intanto il mio obiettivo è provare subito la versione Twin 2, che ha anche una camminata più fluida, poi voglio aumentare la frequenza dei passi e camminare più velocemente. Non dico arrivare a correre, ma non si sa mai – sorride – Al momento il limite è che è fornito come ausilio ospedaliero, ma spero che prima o poi possa diventare un ausilio domestico. Mi piacerebbe tornare a fare una passeggiata con mia moglie come facevamo una volta, riprendere e farci il nostro pezzettino a piedi e rientrare a casa. La metto nella lista di cose da fare. Vedremo se al prossimo incontro sarò riuscito a depennarla”.

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