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Liliana Segre: "Non penso di dovermi discolpare in quanto ebrea di ciò che fa Israele"


Il discorso al Memoriale della Shoah di Milano

Liliana Segre (Fotogramma)
Liliana Segre (Fotogramma)

“Io non penso di dover rispondere, di dovermi discolpare, in quanto ebrea, di quello che fa lo Stato di Israele“. Così la senatrice a vita Liliana Segre intervenendo al Memoriale della Shoah di Milano a un incontro dedicato alla memoria della deportazione dalla stazione di Milano organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con la Comunità Ebraica di Milano e il Memoriale della Shoah di Milano. “Lo scorso 27 gennaio sono successe cose che mi hanno lasciato sgomenta. Trovo sbagliato mescolare cose completamente diverse, come hanno fatto tanti che hanno pensato di mettere in discussione il 27 gennaio per quello che sta succedendo a Gaza“. “Evidentemente -ha aggiunto la senatrice – hanno un bisogno spasmodico di fare pari e patta con la Shoah, di togliere agli ebrei il ruolo di vittime per antonomasia, di liberarsi da un inconscio complesso di colpa”.

“Il 27 gennaio non è fatto per gli ebrei; gli ebrei hanno 365 Giorni della Memoria all’anno, non gli serve il 27 gennaio. Serve per ricordare agli europei un crimine europeo. E agli italiani, purtroppo, un crimine anche italiano“.

“Insensato condannare il ‘male assoluto’ e non cosa lo ha reso possibile”

“Si è giustamente parlato di ‘male assoluto’; ecco, io penso che occorra riflettere sul fatto che non si arriva così un giorno, per caso, a un ‘male assoluto’. Ci si arriva attraverso un lungo percorso, nel quale ogni passaggio è funzionale a rendere possibile, a rendere accettato, a rendere addirittura condiviso da molti quel male” ha detto la senatrice a vita. “La partenza del convoglio del 30 gennaio 1944 è, in altri termini, un punto di arrivo – osserva la senatrice -. Perché si può giungere a questo solo se, guardando a ritroso, si sono percorse tutte le tappe precedenti. Condannare il ‘male assoluto’, senza condannare la catena che lo ha reso possibile, non avrebbe senso”.

“Nella cultura c’è una grande speranza”

“Questo luogo mi ricorda tante parole, fatti, gesti orribili. Ma mi ricorda anche cose meravigliose, di chi ha voluto trasformare questo luogo, storicamente orribile, in un luogo visitato da tante persone, soprattutto dai ragazzi, alla ricerca di memoria del bene e del male. Un luogo dove oggi c’è una cosa secondo me straordinaria, che è la biblioteca. Una biblioteca, qui, aperta a tutti. Vuol dire che nella cultura c’è una grande speranza”.

“In questo luogo -ha ricordato la senatrice- i camion che arrivavano da San Vittore sbarcavano le persone, che venivano picchiate e violate nella loro dignità e poi infilate in questi vagoni per poi partire per ignota destinazione. Il mio ricordo quindi dovrebbe essere solo tragico, ma non è così. Perché questo, oltre ad essere un luogo visitato da tantissimi ragazzi, ragazzi meravigliosi che sono alla ricerca di memoria del bene e del male, è un luogo dove oggi c’è una cosa straordinaria, come è la biblioteca. Rappresenta -osserva Segre- il contrario di quello che in questo incontro ci hanno detto le persone che arrivano dall’Afghanistan, un Paese in cui i talebani proibiscono alle donne di studiare”.

“Ecco -sottolinea- quando abbiamo una biblioteca, qui, aperta a tutti, vuol dire che c’è la speranza; che nella cultura c’è una grande speranza. E anche se io purtroppo sono pessimista, per quello che penso sul ricordo della Shoah, quando ho cominciato a visitare questa biblioteca e a sentire che ci sono tanti ragazzi e tante persone che vengono, mi sono convinta, una volta di più, che la salvezza sia nel libro”.

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